X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

SIENA – «Quella di stamani (ieri per chi legge n.d.r.) è una vicenda paradossale: un’indagine provocata da affermazioni infamanti svolte, davanti a più uffici giudiziari, da persone che ho già denunciato e che sono state rinviate a giudizio per falso e calunnia nei miei confronti presso altro Tribunale». Così l’ assessore regionale alle infrastrutture della Basilicata Aldo Berlinguer, in una nota, commenta la vicenda che ieri mattina lo ha portato davanti al giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Siena, con l’accusa di truffa aggravata insieme ad altre 7 persone.
Non è un caso, spiega ancora Berlinguer, che «il gup non ha disposto il rinvio a giudizio ma si è riservata di esaminare le argomentazioni che abbiamo sollevato».
L’udienza preliminare, infatti, è stata rinviata al prossimo 29 ottobre quando il Gup dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio di 8 persone accusate dal pm senese, Giuseppe Grosso, di truffa aggravata. Tra questi l’assessore della Regione Basilicata, figlio dell’ex ministro Luigi. I difensori degli imputati, in particolare l’avvocato Enrico De Martino legale di Berlinguer, hanno presentato numerose eccezioni e chiesto al gup Roberta Malavasi indagini suppletive. Per l’accusa attraverso la società Slc srl di Siena, nel marzo 2004, era stato chiesto al ministero per le Attività produttive un finanziamento agevolato (819.080 euro) per l’acquisto e la ristrutturazione di un prestigioso immobile a Cagliari. Il finanziamento agevolato, è previsto per le aziende che decidono di investire in zone depresse. Proprio a Cagliari, infatti, secondo le carte inviate al Ministero e ora al centro dell’accusa, doveva trasferirsi la società. Nel corso delle indagini la Guardia di finanza avrebbe verificato che non solo la Slc non venne trasferita ma che quell’immobile, insieme a un altro, era stato destinato a finalità diverse. Nell’inchiesta sono finiti anche Giovanni Olivas, Marco Grazzini, Maurizio Acierno, Paola Lanza, Maurizio Sette, Paolo Rossi, Mario Colantoni e la stessa Slc (nel frattempo dichiarata fallita dal tribunale di Roma), commercialisti e imprenditori che vivono tra Cagliari, Roma e Siena. Tutti avrebbero contribuito, sempre secondo l’accusa, anche con fatture e altra documentazione falsa, a far ottenere sia il finanziamento sia un mutuo. Per l’accusa sarebbero state fatte «innumerevoli operazioni contabili tra la società beneficiaria del contributo ed altre costituite» ad hoc dagli imputati.
La procura regionale della Corte dei Conti di Firenze, riconoscendo il danno erariale, aveva chiesto il sequestro conservativo di tutti i beni sia della società sia di due degli imputati. Sequestro che invece è stato accolto solo per la Slc.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE