X
<
>

Condividi:
6 minuti per la lettura

 

MOLTI ricorderanno il doppio servizio de “Le Iene” di qualche settimana fa dove è stata raccontata la storia di Antonio, un malato di tumore apparentemente guarito grazie alla dieta vegana. La vicenda merita di essere ricordata: dopo diversi anni di lotte al tumore, nel 2011 all’uomo viene diagnosticato un nuovo cancro al cervello. Dopo essersi sottoposto a radioterapia, stanco dei gravi effetti collaterali già sperimentati in passato , Antonio ha rifiutato di subire nuovamente il trattamento chemioterapico. Così, su consiglio del figlio e sotto il controllo di un’oncologa nutrizionista, l’uomo ha iniziato una dieta esclusivamente vegetale. Al successivo controllo radiografico sull’evoluzione della malattia, la massa tumorale non è stata più rilevata. Secondo alcuni il merito sarebbe proprio dell’alimentazione completamente vegana ma per gran parte dei medici interrogati (compreso l’oncologa che originariamente lo aveva in cura) la guarigione sarebbe invece connessa alla radioterapia. Sul tema  ne abbiamo parlato con il Dott. Rocco Galasso, Direttore della struttura complessa di Epidemiologia Clinica, Biostatistica e Registro Tumori in servizio presso l’Irccs Crob di Rionero in Vulture.

Dottor Galasso, nello specifico di cosa vi occupate?

«Oltre alla redazione del registro dei tumori della Regione Basilicata, facciamo degli studi di coorte quale ad esempio Diana 5 e studiamo i fattori di rischio delle malattie neoplastiche».

Che idea si è fatta del servizio mandato in onda?

«Il video mostra tre diverse idee per guarire la stessa malattia. Il messaggio che però arriva allo spettatore è quello che una dieta possa sostituire le terapie mediche. Questo sicuramente non è un messaggio corretto. Che un’alimentazione corretta ad esempio ricca di frutta e verdura e povera di grassi saturi aiuti a prevenire un determinato tipo di malattie ce lo insegna Ancel Keys con i suoi studi sulla popolazione di Pioppi e le ipotesi dei benefici della dieta mediterranea per prevenire le malattie cardiovascolari. Per cui vi è la certezza che esista un legame tra ciò che mangiamo e le malattie che potremmo avere però arrivare a dire che la dieta vegana fa meglio di tante altre, mi sembra decisamente molto affrettato. Ad oggi non esiste nessuno studio che dimostri che avere un regime alimentare ricco di vegetali permetta di guarire da alcune malattie tranne alcuni casi isolati che andrebbero però studiati in maniera più approfondita».

È quindi possibile che il Signor Antonio sia guarito per effetto delle terapie standard quali la radioterapia?

«Per esprimere un giudizio occorrerebbe avere la cartella clinica del paziente. Quello che posso dire è che gli effetti della radioterapia non sono immediati quindi è possibile la regressione dell’edema però, ripeto, sarebbe opportuno studiare il caso clinico specifico e altri simili».

Quindi Lei cosa consiglia a chi dovesse essere diagnosticata una malattia neoplastica?

«Oggi si conoscono alcuni nuovi meccanismi molecolari per cui sono state approntate delle terapie che iniziano ad essere mirate e cure sempre più specifiche per ogni individuo. La chemioterapia e la radioterapia sono i trattamenti che io consiglio e, ad oggi, a queste non vedo alternative. Quotidianamente troviamo <casi strani> in letteratura come la cura Di Bella o il caso Stamina ma queste si diffondono perché la persona malata le proverebbe tutte pur di guarire. Questo accade perché spesso la comunicazione tra medico e paziente è molto scarsa. Purtroppo non riusciamo a trasferire facilmente all’ammalato i concetti, le raccomandazioni o gli effetti collaterali di una terapia. Ed è su questo che dobbiamo migliorare. Una mano devono darcela anche i mezzi d’informazione che non dovrebbero più soffermarsi a raccontare esclusivamente casi eccezionali di guarigione o gli episodi di malasanità. La sanità non è fatta né di guarigioni miracolose né soltanto di morti ma esiste una grossa quantità di persone che viene curata correttamente».

La radioterapia però non dà certezza di guarigione?

«Il risultato dipende sempre dal tipo di malattia. Se rispetto l’intero protocollo terapeutico, la mia probabilità di guarigione aumenta».

Quali consigli si sente di dare ai cittadini?

«La prevenzione è assolutamente fondamentale. È importante sia la prevenzione primaria ovvero seguire le raccomandazioni del wcfr sia la secondaria ovvero partecipare agli screening che ci danno la possibilità di fare diagnosi precoci e cambiare le probabilità di morte. In Basilicata sono tre quelli che si fanno: al seno, cervice e colon retto. Importante è anche l’alimentazione e a tal proposito mi sento di suggerire i consigli di Michael Pollan ovvero quello di non acquistare o mangiare nulla che la nostra nonna non avrebbe mangiato. In altre parole, cibo vero, meglio se poco, e meglio ancora se verde, il tutto accompagnato da attività fisica».

Com’è la situazione attuale in Basilicata?

«In termini percentuali, la nostra regione ha il maggior numero di adolescenti in stato di obesità rispetto al resto dell’Italia. Dato che l’obesità è un fattore di rischio per le malattie, quando questi diventeranno cinquantenni potrebbero avere più malattie cardiovascolari o tumori rispetto ai loro coetanei».

È vero che i tumori sono in aumento?

«Si, i tumori in Basilicata sono in aumento ma la notizia che ci <conforta> è che aumentano seguendo il trend delle regioni vicine. Esistono dei territori con meno incidenza o con più incidenza: penso a Potenza dove il tasso di tumori riscontrato è molto alto ma a questi il Registro non riesce a legare il fattore di rischio o le cause che lo determinano. Servirebbe fare degli studi ad hoc sull’individuo e valutare i suoi livelli di esposizione di 15 anni prima».

E sul registro dei tumori? Come mai siamo fermi al 2009?

«Innanzitutto c’è da fare una premessa importante: la malattia neoplastica che mi si manifesta oggi, ha avuto inizio 10-15 anni fa quindi i tumori che noi oggi registriamo sono causati da un cambiamento nella capacità delle nostre cellule di funzionare regolarmente avvenuto un decennio prima. Fatta questa premessa, il Registro dei Tumori conta i nuovi casi di tumori registrati nell’anno di riferimento e per poterli contare utilizziamo diverse fonti: dalle schede di dimissione ospedaliera alle schede di morte fino ai referti di radioterapia. Per unirle e raffrontarle in maniera corretta passa del tempo perché viene verificata l’attendibilità e l’esattezza della documentazione pervenuta. Per la composizione di questo database quindi sono necessari almeno tre anni e questa cosa è assolutamente vera infatti, basta guardare i registri prodotti in Italia: solo Parma ha prodotto il registro del 2011, cinque città quello del 2010 e soltanto dieci quello del 2009 e noi siamo tra questi. Tutti gli altri sono molto più in ritardo. È un lavoro lungo perché non basta soltanto dire che ci sono circa 3500 nuovi casi ogni anno ma sul Registro vanno annotate tutta una serie di informazioni cliniche e anagrafiche e qual è il tipo di tumore registrato. Da parte nostra stiamo lavorando per pubblicare il Registro 2010 entro l’Estate».

 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE