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POTENZA – «Il diritto al lavoro è il fulcro dell’emancipazione. Quello che è accaduto nello stabilimento Sata di Melfi tutt’altro». È con un intervento a doppia firma che due voci istituzionali si uniscono agli interventi sul caso delle tute bianche usate negli stabilimenti Fca.
Le operaie del Lingotto ne hanno chiesto la sostituzione perché più volte si sono trovare al centro di episodi imbarazzanti durante i giorni del ciclo mestruale. I pantaloni bianchi rischiano di dare luogo a momenti di disagio. L’appello è partito da una delegazione di lavoratrici Fiom, ma è stato poi raccolto anche da altre donne impegnate in fabbrica, oltre che da alcune voci della politica locale.
L’Fca ha fatto sapere che un’opzione possibile per superare il problema potrebbe essere l’adozione di alcune culotte. Una risposta che non è piaciuta a molte delle donne intervenute sulla vicenda. Ieri un nuovo commento è stato firmato da Angela Blasi, presidente della commissione pari opportunità, e da Giovanna Martelli, deputato con delega del Governo alle Pari Opportunità. «La richiesta delle donne lavoratrici non può essere ridicolizzata, né tanto meno ignorata – scrivono in una nota – Chiedere che si cambi il colore della tuta da lavoro non è una richiesta vezzosa, non si vuole seguire la moda, ma semplicemente una richiesta che nasce dalla necessità di sentirsi a proprio agio per poter svolgere al meglio il proprio lavoro».
«Le donne di oggi, ogni giorno, accettano una sfida nuova, combattono per conciliare i tempi di vita-lavoro, combattono per diventare ed essere madri in una società che non sempre le aiuta, contribuiscono allo sviluppo economico e sociale e di certo non meritano una risposta alla Mariantonietta – concludono – 400 firme spontanee, raccolte in poche ore, sono il segno della capacità delle donne di non accettare le umiliazioni, ma di cercare soluzioni».

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