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ROMA – Pochi sono i momenti davvero importanti in una vita: il 27 aprile 2014 per la mia famiglia diventa quello più bello. Per un diacono permanente, servire la Chiesa attraverso il prossimo è una grande gioia quotidiana, che si corona durante ogni Celebrazione eucaristica. Eppure, fatico a manifestare a parole la felicità che abbiamo vissuto.

Effettuare il servizio a una funzione del Papa è comunque una enorme grazia. Esserci, la domenica dopo Pasqua, alla Santa messa di canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII è qualcosa che segna indelebilmente il nostro cammino di fede. Con mia moglie Valeria, ci siamo conosciuti durante una Via Crucis, e il prossimo 30 aprile celebreremo il nostro 13 anno di matrimonio. Quando il 27 aprile di 23 anni fa Giovanni Paolo II giunse a Potenza ebbi la fortuna di far parte del servizio d’ordine e mi capitò un episodio curioso. Avevo in braccio il figlio di alcuni amici che me lo avevano affidato affinché fosse salutato dal Papa. Nel momento in cui mi passò vicino ci chinammo contemporaneamente, il Pontefice per baciare il piccolo io per baciare la sua mano, risultato: baciai il Papa sulla fronte. Anche questo un ricordo che mi accompagnerà per sempre.

Pur non rammentando la data precisa, fu la data a ritornare ancora nella mia vita e così il 27 aprile del 2003 con Valeria, battezzammo il nostro primo figlio Andrea, 5 anni più tardi il 27 aprile del 2008 nella Cattedrale di Potenza il nostro amico don Massimiliano celebrò il battesimo del secondo figlio Jacopo. Nei 5 anni trascorsi tra questi due momenti straordinari, il 27 aprile del 2005, ricevemmo come famiglia una grande grazia e riteniamo che si sia verificata grazie all’intercessione di Giovanni Paolo II, salito al Cielo appena 25 giorni prima. Coincidenze, forse, qualcos’altro per noi famiglia cattolica formatasi anche grazie alle straordinarie esperienze delle Giornate mondiali della gioventù volute dal suo patrono, secondo quanto indicato venti giorni fa da papa Francesco, proprio papa Wojtyła. Una lettera consegnata nelle mani del Santo Padre, contatti con le segreterie del postulatore del Santo di Wadovice e del Cerimoniere pontificio grazie al vescovo Superbo, quasi un anno di tentativi, diversi ‘no’ anche da vicari e prelati che ritenevano l’impresa titanica per una cerimonia che ha portato milioni di persone a Roma, tutto, anche questa testimonianza, non per la bramosia di apparire, chi mi conosce lo sa, ma solo per dire grazie a Dio per averci donato San Giovanni Paolo II e grazie a San Giovanni Paolo II per essersi donato alla Chiesa e averci fatto conoscere Dio attraverso i suoi gesti, i suoi sguardi le sue parole.

Una giornata di 48 ore cominciata il sabato, intervallata da una notte di veglia in sacco a pelo, conclusa come parte di quella Chiesa viva che ha abbracciato la Città del Vaticano. Nessuna invasione, nessun caos, ma una sola preghiera intervallata da canti e balli con lo sguardo fisso verso il Signore. Distribuire la Santa Eucarestia a migliaia di fedeli è stato un enorme privilegio, come del resto lo è durante ogni celebrazione. Ma avere la fortuna di farlo a cattolici di ogni razza, di ogni nazione, venuti da tutte le parti del mondo, mamme con carrozzine, papà con figli in spalla, persone sulle sedie a rotelle, con bastoni per non vedenti, con volti segnati da profonde rughe o malattie, oppure imberbi e innocenti, con storie diverse eppure tutte accomunate dalla fede, ripeto: è indescrivibile.

Una tappa centrale nella nostra vita di famiglia cattolica, e nella mia in particolare, non solo per una questione anagrafica, ma perché segna l’approdo di un percorso fatto di preghiera e servizio, di viaggi come autista di camion Caritas nei campi profughi di Mostar durante il conflitto serbo-bosniaco, di missioni all’estero come autista di ambulanze di Croce Rossa, di una laurea in scienze religiose, dell’attività di formatore di ragazzi di Azione cattolica, di catechista, di giornalista impegnato nelle Comunicazioni sociali della Diocesi, nell’Ucsi.

Ma soprattutto il via verso la seconda parte dell’esistenza, se Dio vorrà, con rinnovato slancio, nella certezza che la santità è un obiettivo possibile, così come vissuto mirabilmente da Giovanni Paolo II e quello che viviamo, come attestato da papa Francesco, è il momento di dimostrarlo con i fatti e farlo conoscere, evitando da un lato vanità, dall’altro false modestie, ricordandoci che tutto il nostro essere cattolici è per il Signore, con il Signore, nel Signore.

 

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