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SIDERNO – L’ascolto degli operosi lavori d’intreccio tattico-politico, tessuti quotidianamente all’interno della lavanderia “Ape Green” tra il boss Giuseppe Commisso, esponenti di altre ‘ndrine e alcuni candidati alle elezioni amministrative, ha rivelato agli inquirenti i rapporti tra ‘ndrangheta e politica locale che sono all’origine dell’operazione «La Falsa Politica». La lavanderia era il quartier generale del clan, come era già emerso in occasione delle operazioni «Crimine» e «recupero», di cui quella odierna è la prosecuzione. Secondo gli inquirenti, l’abitato di Siderno, roccaforte del clan Commisso, era divenuto, negli ultimi anni, il fulcro di importanti interessi economici e politici. Il clan, per questo, «si era orientato ad approfondire specifici interessi in campo politico, in funzione dei suoi obiettivi di crescita economica». L’elemento di maggiore spicco della cosca, Giuseppe Commisso, detto «Il Mastro», era divenuto il depositario non solo delle conoscenza più profonde della struttura criminale di appartenenza ma aveva anche sviluppato, per conto della struttura criminale, una sempre più marcata attenzione alle vicende politiche locali degli ultimi anni. Tra queste, il rinnovo dei consigli provinciali e comunali del 2011. Le investigazioni confermano come proprio la lavanderia del «Mastro» fosse divenuta anche il «centro nevralgico» di strategie elettorali dirette al reperimento di voti, pianificate e dirette dal boss, che veniva ragguagliato costantemente sugli sviluppi perseguendo l’obiettivo di ottenere candidature utili alla cosca e di suo personale gradimento. I colloqui intercettati all’interno della lavanderia «Ape Green», hanno mostrato, evidenziano gli inquirenti, «un inatteso rovesciamento dei contesti criminali a cui si era abituati ad assistere». Dunque, non più i classici tentativi di condizionamento della politica compiuti da parte degli «uomini d’onore», ma una lunga sequela di richieste di appoggio elettorale da parte di chi, bussando alla porta del «Mastro» o di altri mafiosi, ipotecava la sua futura attività pubblica a favore della ‘ndrangheta. Gli specifici servizi di osservazione degli inquirenti, corroborati dall’attività di intercettazione ambientale, hanno documentato incontri di esponenti della politica di Siderno che nella lavanderia di Commisso, prima, viene evidenziato negli atti, per chiedergli «il permesso di candidarsi», poi per «racimolare i consensi del clan necessari per la sua elezione». Il che dimostra, secondo l’accusa, come il Comune di Siderno fosse appannaggio della cosca e solo con il consenso del «Mastro» fosse possibile candidarsi. Il clan non interveniva direttamente espoenndosi in campagna elettorale, temendo l’esposizione dei propri candidati a controlli di tipo investigativo, ma operava occultamente alle loro spalle.

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