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“UNITI nel dolore della nostra dimenticata regione…”. Chi? I parlamentari della Basilicata? I quali, all’indomani dell’alluvione che ha portato morte e devastazione nella regione, mettono da parte le beghe di partito per richiamare l’attenzione del Paese sulla loro terra? Oppure i leader sindacali, che hanno finalmente deciso di smettere di farsi la guerra e di trasformare la loro disastrata regione un caso nazionale? O, ancora, gli imprenditori, i professionisti, i docenti universitari risoltisi a far fronte comune per il bene della Basilicata? No, nessuno di questi. A urlare la loro rabbia per l’indifferenza mostrata dai media e dai politici nazionali per la sciagura che ha colpito il Metapontino sono i ragazzi lucani che tifano Juve, il prestigioso club del nord che, nei loro cuori, ha sostituito le gloriose ma povere squadre delle città in cui sono nati (il Matera, che è quello piazzato meglio, milita in serie D, mentre il Potenza non riesce ad andare oltre l’eccellenza). 

Sono oltre cento e, ogni domenica, si mettono in viaggio dai paesi più sperduti della Lucania per raggiungere lo stadio, in Italia o all’estero, in cui giocheranno Pirlo, Llorente e Ppogbà.  Si chiamano Drughi perché questo è il nome del gruppo nazionale al quale appartengono, il nome che vollero darsi gli ultrà juventini dopo la tragedia dell’Heysel. I Drughi non hanno una buona fama. Nella loro sciarpa, per dire, c’è il simbolo dell’Arancia Meccanica (il film di Kubrik al quale si ispirano) col dito medio alzato. Ma proprio per questo l’iniziativa dei ragazzi lucani che domenica scorsa hanno voluto esporre, allo stadio di Firenze, un grande striscione per ricordare al Paese che c’è un pezzo d’Italia che non si sente meno uguale degli altri; e che chiede l’attenzione che si deve a tutti in circostanze drammatiche come quelle toccate alla Basilicata, fa scalpore. Ed è un peccato che, a parte il Quotidiano della Basilicata, nessuno se ne sia accorto. 

Sarebbe stato, se non altro, un segnale per quegli altri tifosi che vanno allo stadio come si va in guerra. E per mostrare a tutti che un altro modo di stare in curva è possibile. Invece no. Rocco Oliva,  di Montescaglioso, il responsabile dei Drughi lucani che assieme ai suoi compagni ha deciso di realizzare lo striscione sventolato orgogliosamente all’ex Comunale, dice che tutto nasce dal dolore per la morte di un amico (Pino Bianculli, l’infermiere 32enne travolto dal fiume di fango, ndr). “A Firenze – aggiunge – ci hanno chiesto le ragioni dello striscione. Nessuno aveva sentito parlare dell’alluvione. Metaponto? Non sapevano neanche dove fosse.  Però tutti erano curiosi di sapere.E quando hanno capito, ci hanno manifestato a parole e a gesti la loro solidarietà. Ma, per il resto, a parte il Quotidiano, qualche sito web, e degli amici che hanno postato la foto su facebook, siamo stati ignorati. Anzi, c’è un politico del Pd che è rimasto scontento della nostra iniziativa. Ma come?, si è lamentato. Proprio nella città di Matteo Renzi?».

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