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2002-2014. Dodici anni intensi, dodici anni di scelte, passioni e lotte. Da Garaguso a Kiev è stato un susseguirsi di emozioni e di scelte importanti che hanno portato Eleonora Trivigno a intraprendere quel viaggio di quasi 3000 chilometri,  un po’ per amore e un po’ perché i suoi studi le permettevano di cercare lavoro anche e soprattutto all’estero.  Incontra il marito Andrei durante il percorso universitario. Lo ritrova per caso, anni dopo, grazie ad un amico in comune di Genova. E’ lì che Eleonora comprende che la sua vita cambierà. Si sposano e si trasferiscono a Kiev, dove risiede Andrej che ha una piccola tipografia.

Dinamica e autonoma decide di mettere su un’azienda di servizi di internazionalizzazione, pianificazione e analisi di mercato.  Nel frattempo diventa madre di  Nikolaj, un bimbo che oggi parla italiano, russo e ucraino. Tutto sembra andare a gonfie vele fino al 2008, anno della crisi economica globale che colpisce ed investe anche la sua piccola impresa. Non si scoraggia e così, dopo una serie di colloqui, viene assunta da alcune aziende come responsabile Comunicazione e Marketing.

Una donna del sud, tenace e risoluta che ha cercato in questi anni di far diventare l’Ucraina la sua seconda patria, anche durante i tre mesi della lotta del Maidan nella sua Kiev. Non si definisce un’attivista ma una cittadina che con la forza della pace si recava alle assemblee popolari della domenica in piazza, alternandosi con il marito, per combattere il governo della corruzione di Yanucovich.

“Sono stati mesi intensi e di cui la stampa e i media soprattutto russi, hanno dato informazioni parziali e non reali. Non si è trattata di una guerra civile, ma della ferma volontà del popolo ucraino di dare un seguito concreto alle promesse del governo Yanucovich di entrare in Europa e non nell’unione doganale russa”.

“Le manifestazioni sul Majdan sono sempre state pacifiche, dal 21 novembre 2013 al 19 febbraio 2014, benchè abbiano dovuto sostenere in alcune occasioni cariche di indicibile crudeltà da parte dei corpi speciali Berkut. Una fase poco conosciuta, allora nessuno guardava all’Ucraina. Le proteste violente hanno avuto inizio a metà gennaio ed avevano essenzialmente lo scopo di evitare la promulgazione delle leggi anti-protesta. Il braccio di ferro è continuato fino all’intervento dei cecchini lo scorso 19 e 20 febbraio”.

E’ emozionata Eleonora quando racconta dei giovani morti sotto i colpi dei cecchini, gli stessi ragazzi nati proprio nell’anno della proclamazione dell’indipendenza dell’Ucraina.  Anche sulla Crimea ha molto da dire: “Ci sono più di 30000 soldati russi, lo Stato non è stato eletto dal popolo e non hanno i database con i dati degli elettori. E’ scontato il risultato del referendum, anche un bambino lo capirebbe. L’Europa continua a tergiversare e non ha svolto alcun ruolo geopolitico strategico. Pensa –continua Eleonora il suo sentito racconto- che all’inizio la nostra battaglia si chiamava Euro Maidan. A gennaio soltanto Majdan. Molta delusione”.

Quando le chiedo se ha avuto paura ad uscire di casa mi risponde così. “Non ho avuto paura in questi mesi, forse più per gli altri che per me. Soltanto il 18 febbraio, giorno in cui la metropolitana è stata chiusa per far spostare le forze dell’ordine e il panico ha preso il sopravvento, ho provato un po’ di paura. Sono rimasta in ufficio fino alle 21 di sera, aspettando che amici mi venissero a prendere con la macchina perché la città era paralizzata”.

Le ritorna il sorriso quando le chiedo della Basilicata e dei piatti che cucina al marito. “Sono sempre stata una pessima cuoca, ma non rinuncio a cucinare la pasta al sugo o la frittata con i peperoni cruski, e a decantare le bellezze della mia terra ad amici di qui che ultimamente porto con me quando rientro a Garaguso”.  “Però – continua Eleonora – mi spiace non ritrovare quella vivacità e fermento degli anni ‘90. Le infrastrutture sono peggiorate e di tanto. Per ritornare al mio paese mancano le strade o sono interrotte. Ammetto di esser andata via dalla mia terra non per mancanza di opportunità ma per motivi personali. Oggi però mi rendo conto che un giovane lucano che ha studiato fuori non ha entusiasmo nel ritornarvi perché sa che nella nostra regione difficilmente potrà esprimere le proprie capacità. Ho provato a mettere in contatto agenzie turistiche ucraine con la Basilicata per un educational tour in collaborazione con Alitalia, ma dalla Basilicata nessuna risposta”.

Al termine  dell’intervista su skype rientra il figlio di sei anni da una lezione di cucina domenicale e anche lui in italiano, dopo aver raccontato della nonna Maria e di quanto sia bello giocare in piazza a Garaguso, raccomanda: “Saluta la nostra terra e i nostri concittadini con l’affetto di chi ha la testa in Ucraina, ma certamente il cuore nell’amata Basilicata”.

@lovatrenta

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