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COSENZA – Per cinque anni sarebbe stato vittima delle vessazioni di una banda di estorsori. E’ accaduto ad un imprenditore del Cosentino. Ma dopo le indagini dei Carabinieri del Comando provinciale di Cosenza è stato possibile bloccare i responsabili. I militari dell’Arma, infatti, hanno eseguito ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal giudice per le indagini preliminari, nei confronti di 5 persone, di cui quattro donne, ritenute responsabili, a vario titolo, di “usura aggravata” ed “estorsione”. 

Le indagini hanno permesso di ricostruire alcuni episodi di usura nei confronti dell’imprenditore, costretto a pagare, sin dall’ottobre 2009, tassi di interesse oltre il limite di legge. Il prestito iniziale era di 35.000 euro, ma l’imprenditore aveva gia’ versato, pagando il 10% di interesse ogni mese, 154.000 euro. Era stato anche minacciato con un fucile, ma l’arma non e’ stata trovata nel corso delle perquisizioni. La vittima, in un’occasione, era stata anche attesa all’uscita da un ufficio postale, dove aveva sbrigato delle faccende, e minacciata, per il solo sospetto che avesse potuto versare del denaro invece di darlo agli estorsori. 
Le tre donne finite agli arresti, nel corso dell’operazione denominata “Profondo Rosa”, sono Fausta Malgaritta, 51 anni, Maria Pia Montalto, 62 anni, ed Emanuela Pirola, 27 anni, quest’ultima finita ai domiciliari. Montalto e Pirola sono madre e figlia. Obbligo di firma per altre due persone, due coniugi, G.G., 39 anni, e V.F., sua moglie, 38 anni. Anche i coniugi sono legati da parentela a Montalto e Pirola. Montalto e Malgaritta risultano poi essere sposate a personaggi noti della malavita cosentina, vicini al clan Rua’-Lanzino della ‘ndrangheta, anche se, in questa occasione, l’influenza della cosca non e’ stata provata.
Le difficoltà economiche dell’imprenditore, nel tempo, si sono ulteriormente acuite tanto da non consentirgli di far fronte agli impegni finanziari assunti. 
«Era stato preso di mira un imprenditore edile che opera in città, fin dal 2009 – ha detto in conferenza stampa il colonnello Giuseppe Brancati, comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza – e solo nell’ottobre del 2013 questi ha deciso di denunciare, quando non ce la faceva più a pagare».
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