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Lo “sfasciume idrogeologico “, ritorna a creare disagi e danni. Allarme e proteste .Basta un po’ di pioggia e la Basilicata “affoga”.Sì,è proprio una vergogna,come ha titolato domenica “Il Quotidiano”,chiamando in causa gli amministratori lucani,ma anche quelli della Puglia e della Calabria.Più che opportuna la citazione di quest’ultima regione ,tenendo conto che la Basilicata e la Calabria , già nel 1908 sono state beneficiarie di “una apposita legge per sopperire ai danni delle frane”.Oltre 100 anni fa la “questione ambiente ” era già una grande emergenza calabro-lucana! Come oggi.Ed è vergognoso. Non ci sono giustificazioni .Non ci sono attenuanti .E’solo incapacità di affrontare e risolvere il problema della difesa del territorio. Punto e basta. Bisogna evitare ulteriori disastri. Le proteste dei cittadini non possono rimanere inascoltate. Troppi lutti e troppi danni ha subito la Basilicata per colpa dell’uomo che non ha saputo e voluto difendere il territorio.Oggi i contadini parlano giustamente di ” situazione ormai insostenibile”,mentre Piergiorgio Quarto,presidente della Coldiretti della Basilicata chiama in causa “ gli amministratori che non possono e non devono piu’ rimandare la soluzione del problema,visti i danni alle colture che causano le frequenti inondazioni :negli ultimi giorni in varie parti della regione il Basento, l’Agri e l’Ofanto sono usciti dagli argini”.

Una protesta che si ripete .Da anni.Da troppi anni.E troppe sono state e continuano ad essere le inadempienze. Lo dicono i fatti. Dall’archivio dei grandi giornali italiani arrivano le conferme degli allarmi inascoltati. Mario Dilio,sulla “Stampa del 26 gennaio 1972 scriveva:”Questa mattina, nel corso di una riunione svoltasi a Grassano, gli agricoltori protestavano gridando che fin dall’estate scorsa erano stati fatti interventi presso le autorità per accelerare le opere di sistemazione idraulica ed evitare i pericoli delle ricorrenti alluvioni. « Nessuno vi ha provveduto — dicevano i contadini — e oggi ancora una volta siamo noi a perdere il bestiame, le case coloniche, il lavoro ». Lungo, le pendici delle colline, intorno al vecchio abitato di Grassano vi sono ancora oggi le canalizzazioni realizzate due secoli fa per agevolare il defluire delle acque: da allora non è accaduto più niente .Riportato anche un illuminante commento di Vittore Fiore: «Ancora una volta eventi come questi — che per i lucani sono ordinari e per il resto dell’Italia straordinari — rimettono in risalto una verità: che nessuna politica di sviluppo agricolo oppure agricolo-industriale è possibile nelle valli lucane, se non si interviene in modo coordinato sul territorio, arginando i fiumi sul piano idraulico, regimando le acque, promuovendo le trasformazioni agrarie . Non si possono, cioè, “spingere” le ricche produzioni ortofrutticole se nello stesso tempo non sono stati risolti i problemi della sistemazione della montagna e dei versanti delle colline. Senza una visione organica dei problemi, gli equilibri si rompono e si torna indietro, si distrugge quello che si è realizzato. Queste cose le hanno dette Manlio Rossi Doria e il “gruppo di Basilicata”. Sono i problemi che si trovano oggi dinanzi alla Regione”.

Vittore Fiore citava Manlio Rossi Doria che auspicava la nascita di una «partecipazione popolare, perché innesta un processo reale di decentramento che suscita l’interesse delle popolazioni a guardare i loro problemi e a risolverli” e pensava alla “realizzazione di piani zonali come strumento globale di riassetto del territorio, consentendo la ristrutturazione delle zone agricole e indirizzando un nuovo corso della politica nazionale .Sosteneva che “l’economia meridionale deve diventare dovunque agricolo-industriale, dove cioè una riordinata agricoltura si combini in alta proporzione con le attività extra agricole”. Ma Manlio Rossi Doria era soprattutto molto critico nei confronti di chi impediva la rinascita del Mezzogiorno .Duro .Sferzante . A Mimmo Candito,inviato della Stampa che lo aveva intervistato durante un convegno a Reggio Calabria nel giugno del 1973,aveva denunciato una realtà che purtroppo ha subito nel corso degli anni una pericolosissima degenerazione. Ancora non era scoppiata tangentopoli,ma Manlio Rossi Doria con coraggio aveva detto amare e vere realtà.Invano.L’arroganza dei potenti senza limiti.L’onestà degli umili calpestata .Umiliata .Buttata nel cestino. Come le denunce, inascoltate.Quasi venti anni prima di “mani pulite”,c’era un uomo con le “idee pulite” che cercava di svegliare le coscienze:”C’è una corruzione e un’incapacità senza riparo; per risolvere il problema del Sud, occorre anzitutto un ricambio di questa classe politica e imprenditoriale, un’opera di pulizia generale. Troppe le compromissioni. Sarebbe necessario che tutti gli emigrati meridionali tornassero a casa e prendessero a calci chi ha accettato, o subito, questa situazione. Poi veramente, si potrà fare la rinascita del Mezzogiorno”.

Quanta attualità in queste parole che sono state pronunciate quasi 40 anni fa.E’ perciò assurdo che tutto ciò continui ad accadere,che il Mezzogiorno non riesca a venire fuori dalla situazione di sottosviluppo e che in Basilicata si continui a vivere nella paura di nuove disastrose frane ed alluvioni,perché non viene curato come sarebbe stato logico e giusto un territorio troppo esposto ai rischi idrogeologici. Che provocano stragi. E’ doveroso ricordare ed onorare le troppe vittime che la Basilicata ha pianto .Come? Innanzitutto creando le condizioni di sicurezza che per incuria ,insensibilità e sottovalutazione non sono state garantite da chi aveva istituzionalmente il dovere di farlo .Ieri come oggi .Non dimenticare. La memoria è un valore ,un monito per evitare di compiere ulteriori errori. Il 9 marzo di 60 anni fa la Basilicata si svegliava con una terribile notizia di dolore e di morte:”Verso le sei di stamane – scriveva La Stampa – a causa dei torrenziali rovesci d’acqua, è franato un tratto della collina su cui è situata la cittadina di Muro Lucano ed ha provocato il crollo di una casa d’abitazione al n. 36 di via Conserva, seppellendo una intera famiglia i cui componenti erano ancora a letto. Nel disastro trovavano la morte il 38.enne Gerardo Cardino di Pasquale e le sue sei figliuole. La moglie del Cardino, Antonia Cella di anni 36, estratta dalle macerie ferita gravemente, veniva subito trasportata all’ospedale di Potenza ove rimaneva ricoverata con prognosi riservata”.

E’ senza dubbio una delle pagine più amare della triste e lunga storia dello “sfasciume idrogeologico” della Basilicata.Da non seppellire sotto il fango del tempo.Perché sarebbe un’altra “vergogna”! Da Muro Lucano può e deve partire,nel ricordo delle 7 vittime di 60 anni fa, l’ iniziativa popolare forte e decisa,auspicata da Manlio Rossi Doria, per dare finalmente alla gente della Basilicata condizioni di sicurezza finora colpevolmente negate .

Domenico Logozzo

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