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COSENZA – L’inchiesta sul cedimento del vecchio viadotto Italia, con conseguente morte di un operaio di 25 anni, si allarga anche alla nuova struttura, il ponte dell’autostrada Sa-Rc attualmente chiuso al traffico.
Pericolo di crollo: questa la notizia di reato su cui indaga la Procura di Castrovillari, unitamente alla già nota ipotesi di omicidio colposo, relativa proprio alla tragica sorte toccata ad Adrian Miholca, caduto nel vuoto da un’altezza di 80 metri mentre a bordo della propria ruspa lavorava alla demolizione del vecchio tracciato dell’A3. Proprio il tracollo di un pezzo del vecchio viadotto potrebbe aver danneggiato il nuovo ponte che gli corre a fianco, minandone la stabilità.
È questo il motivo per cui il procuratore capo Franco Giacomantonio, all’indomani della tragedia del 2 marzo, aveva disposto il sequestro dell’autostrada, dando incarico a due consulenti di accertare l’entità dei danni arrecati alla struttura. A quanto pare, i tecnici della Procura hanno già individuato tutte le criticità del caso, segnalando all’Anas dove e come intervenire con i lavori di messa in sicurezza. Solo a opera ultimata, dunque, arriverà il via libera alla riapertura del tratto cosentino dell’autostrada, con conseguente fine dei disagi per automobilisti e trasportatori.
Nel frattempo, però, il profilo giudiziario della vicenda si arricchisce con la caccia a nuove responsabilità: non solo quelle di chi, con imperizia e negligenza, avrebbe concorso alla morte del povero operaio romeno, ma anche eventuali colpe di chi – al netto di fatalità e cataclismi – ha fatto in modo che venisse messo a rischio pure il nuovo viadotto. E con esso, l’incolumità di chi lo percorre.
Al momento si tratta solo di ipotesi che richiederanno lunghi e laboriosi accertamenti mentre – è scontato – che a breve l’inchiesta castrovillarese si incrocerà con quella della Procura di Firenze sulla tangenti per le grandi opere in Italia: un lungo elenco di appalti dorati finiti nelle mani di una presunta cricca, tra cui anche il terzo macrolotto dell’A3: quello del viadotto Italia.
Come anticipato dal Quotidiano del sud, infatti, due fra i principali indagati dell’inchiesta “Sistema”, Stefano Perotti e Giulio Burchi, erano stati nominati direttori dei lavori proprio nel tratto di autostrada calabrese (lungo 21 km) sul quale sorge il viadotto Italia.
Dagli atti, inoltre, emerge come il costo complessivo di quel cantiere fosse levitato da 424 a 600 milioni di euro e, dulcis in fundo, non mancano ombre sulle fasi successive all’incidente mortale. Da un’intercettazione telefonica captata dopo la sciagura, infatti, emerge come uno degli indagati si preoccupasse di verificare i contratti di collaborazione stipulati con una società nella direzione dei lavori (duecentomila euro in quattro anni) dal momento che per sua stessa ammissione, si sarebbe trattato di contratti ai quali non avrebbe fatto seguito alcuna prestazione lavorativa.

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