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di GIANLUCA PRESTIA
FILANDARI – Don Giuseppe Lopresti è uno di quei parroci di frontiera. Uno di quelli che crede fermamente nella sua opera pastorale e nel rispetto reciproco tra le persone. Un punto di riferimento, quindi, per le comunità di Moladi e Scaliti – quest’ultimo, nome rimasto impresso nella mente delle persone, ed indelebilmente in quello dei suoi abitanti, per i tragici fatti della cosiddetta strage della masseria, avvenuta la sera del 27 dicembre  2010 con la cosiddetta strage della masseria” – che la criminalità ha voluto colpire con un gesto grave. 
Cinque colpi di pistola  esplosi quando le lancette dell’orologio segnavano  le 22,30. Due  malviventi sono piombati in sella ad un motorino, nelle vicinanze della Lancia Y del parroco 36enne originario di Coccorino di Joppolo, esplodendo ben cinque colpi di pistola all’indirizzo della vettura parcheggiata in via Garibaldi, una delle tante strade, strette e brevi, che tagliano il paese. Cinque colpi di revolver  in rapida successione. Poi, la fuga, coperta dall’oscurità che però non ha impedito ad una persona, un testimone oculare, di notare quel motociclo allontanarsi dalla zona. Non avrebbe visto la scena del danneggiamento, ma ha osservato quel veicolo lasciarsi alle spalle in tutta fretta l’abitazione del religioso, per poi scomparire in uno dei tanti vicoletti. In sella vi erano due persone, sembrerebbe due giovani, entrambi con il volto travisato dal casco per non farsi riconoscere. Poi più nulla. 
L’allarme è scattato pochissimi istanti dopo con la chiamata alla centrale operativa dei Carabinieri che ha inviato sul posto una pattuglia.  Gli uomini del maresciallo Todaro e del tenente Michele Massaro, al comando della Compagnia di Vibo,  hanno avviato le indagini sentendo anche  don Giuseppe il quale è caduto dalle nuvole. Non ha saputo, infatti, spiegarsi il motivo di un simile, vile, gesto. Lui, persona retta, che conosce profondamente una realtà difficile come quella di Scaliti, che non si è forse ancora ripresa dai riflettori sotto la quale era finita in occasione dell’eccidio della masseria, ha “assolto” i suoi compaesani. Senza indugio.  Movente, dunque, tutto da decifrare e su questo dovranno lavorare gli inquirenti coordinati dalla Procura  di Vibo. 
Tutta la comunità di Scaliti, un borgo di duecento anime, è rimasta attonita e sgomenta per quanto è successo al suo giovane parroco, da circa dieci anni guida pastorale, in questo paesino adagiato nella vallata che separa Filandari dalla vicina Mileto. La gente, qui, si chiede perché qualcuno abbia potuto prendere di mira la sua automobile, perché abbia voluto lasciare un segno inquietante sulla presenza di un sacerdote che svolge il ruolo di parroco con dedizione e vicinanza a tutte le persone, un vero pastore di anime, amato dai suoi parrocchiani e benvoluto da quanti ogni giorno incontra sulla sua strada. Fu lui, poi, a gestire il delicato e difficile momento successivo ai terribili e noti fatti del dicembre 2010, lavorando alacremente per una ricostruzione morale e interiore dei suoi parrocchiani, con iniziative che hanno coinvolto adulti e giovani in un cammino di rinascita e di fiducia nel futuro. 

FILANDARI – Don Giuseppe Lopresti è uno di quei parroci di frontiera. Uno di quelli che crede fermamente nella sua opera pastorale e nel rispetto reciproco tra le persone. Un punto di riferimento, quindi, per le comunità di Moladi e Scaliti – quest’ultimo, nome rimasto impresso nella mente delle persone, ed indelebilmente in quello dei suoi abitanti, per i tragici fatti della cosiddetta strage della masseria, avvenuta la sera del 27 dicembre 2010 con la cosiddetta strage della masseria” – che la criminalità ha voluto colpire con un gesto grave. Cinque colpi di pistola esplosi quando le lancette dell’orologio segnavano le 22,30. Poi, la fuga, coperta dall’oscurità che però non ha impedito ad una persona, un testimone oculare, di notare quel motociclo allontanarsi dalla zona. L’allarme è scattato pochissimi istanti dopo con la chiamata alla centrale operativa dei Carabinieri che ha inviato sul posto una pattuglia. Movente tutto da decifrare e su questo dovranno lavorare gli inquirenti coordinati dalla Procura di Vibo. Tutta la comunità di Scaliti, un borgo di duecento anime, è rimasta attonita e sgomenta per quanto è successo al suo giovane parroco, da circa dieci anni guida pastorale, in questo paesino adagiato nella vallata che separa Filandari dalla vicina Mileto. Fu lui, poi, a gestire il delicato e difficile momento successivo ai terribili e noti fatti del dicembre 2010, lavorando alacremente per una ricostruzione morale e interiore dei suoi parrocchiani, con iniziative che hanno coinvolto adulti e giovani in un cammino di rinascita e di fiducia nel futuro. 

IL SERVIZIO INTEGRALE A FIRMA DI GIANLCA PRESTIA SULL’EDIZIONE CARTACEA DE IL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA

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