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POTENZA – Fra due giorni faranno dieci anni esatti dalla sera da quel 13 novembre in cui per la Basilicata si materializzò l’incubo del deposito di tutte le scorie nucleare dell’atomo tricolore. E proprio oggi un capitolo di quella vicenda potrebbe rivivere nel Palazzo di giustizia di Matera.

E’ prevista per oggi la testimonianza degli ex ministri del Governo in carica nel 2003, Altero Matteoli e Carlo Giovanardi. I due esponenti dell’esecutivo guidato da Berlusconi sono attesi nel Palazzo di giustizia di Matera per deporre nel processo a carico di due giornalisti del posto Nino Grilli e Nicola Piccenna.

Per loro l’accusa è di diffamazione ai danni dell’allora presidente della giunta regionale e oggi viceministro all’Interno Filippo Bubbico. Al centro il fatto di aver attribuito a Bubbico una forma di partecipazione morale nell’operato del Governo avallando – o meglio dichiarando che avrebbe fatto soltanto un’opposizione di facciata ai loro piani in cambio di compensazioni economiche per il territorio.

Bubbico ha sempre negato di aver interloquito con l’esecutivo sulla questione e per questo in precedenza ha querelato anche Giovanardi in persona  che al Quotidiano della Basilicata aveva affermato la stessa cosa.

In seguito Giovanardi sarebbe stato assolto dopo aver esibito il verbale del Consiglio dei ministri del 13 novembre del 2003 in cui Matteoli afferma di aver consultato l’allora presidente della provincia di Matera e altre persone tra cui anche l’allora sindaco di Scanzano Jonico e il presidente della giunta regionale.

Ecco perché è proprio su questa circostanza che i due verranno sentiti stamane di fronte al giudice Giuseppe De Benedictis.

Alla scorsa udienza entrambi, per quanto convocati, non si erano presentati.

A seguito di quella decisione del Governo dal 13 al 27 novembre del 2003 la Basilicata intera scese in piazza a manifestare. Scuole chiuse, serrate dei commercianti, tutti i sindaci in prima fila e con loro anche il governatore Bubbico.

Il caso Scanzano sarebbe balzato agli onori delle cronache diventando l’emblema di certe politche per il Mezzogiorno. Allo sdegno dei cittadini si unì anche la Chiesa locale e tutti i settori della vita economica, sociale e politica, senza distinzioni.Poi sono seguiti blocchi sulla statale Jonica, sull’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, sulla Matera-Bari, sulla Basentana e sui binari della stazione di Metaponto, lo snodo ferroviario tra le linee Bari-Crotone, Taranto-Reggio Calabria e Taranto-Potenza.

Il 16 novembre ci fu la prima marcia sulla statale Jonica con l’assegio del centro di ricerche dell’Enea di Rotondella. Poi la Basilicata non solo decideva di ricorrere alla Consulta ma approvava una legge per diventare regione denuclearizzata.

La mobilitazione culminò nella grande manifestazione pacifica, ribattezzata “la marcia dei centomila”, a Scanzano Jonico che spinse il Parlamento a cancellare il nome di Scanzano Jonico nella conversione in legge del decreto in questione che prevedeva l’avvio immediato delle operazioni di trasferimento che si sarebbero potute concludere nel giro di qualche settimana al massimo con l’allestimento di strutture di stoccaggio provvisiore in superficie prima di allestire la “tomba” delle ceneri nucleari in profondità.

Da allora non solo non s’è fatto più niente del progetto del deposito unico di scorie nucleari a Scanzano, ma del deposito in sé che resta ancora sulla carta senza l’indicazione del posto dove dovrebbe essere realizzato.

l.amato@luedi.it

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