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LAMEZIA TERME (CZ) – Finisce sotto sequestro una villa di 500 metri quadrati del valore di oltre 500mila euro e che secondo gli inquirenti era nella disponibilità di Antonio Salatino. Il provvedimento è stato chiesto dalla Procura di Lamezia Terme e accolto dal Tribunale di Catanzaro. Si tratta di un immobile di lusso, con rifiniture preziose e videosorvegliato, recintato da un muro di cemento armato lungo diverse decine di metri. Al suo interno anche un giardino con piante di pregio.

GUARDA IL VIDEO DELLA VILLA SEQUESTRATA

Salatino era stato arrestato nello scorso mese di ottobre nel corso dell’operazione “Tenaglia” condotta contro tredici persone accusate di detenzione e vendita di 32 chili di marijuana. Tra le accuse anche quella di aver coltivato due ampie piantagioni di canapa indiana sequestrate la scorsa estate a San Pietro a Maida.

La marijuana, invece, secondo gli inquirenti, arrivava dall’Albania in Puglia per poi essere immessa nel mercato lametino e venne scoperta all’interno di un furgone parcheggiato in una strada.

Gli inquirenti, nel corso della conferenza stampa, hanno evidenziato che la villa era intestata alla cognata di Antonio Salatino. Ma ci sono «numerosissime intercettazioni ambientali da cui si evince con chiarezza che l’immobile in questione è riconducibile a Salatino». A dirlo è stato il procuratore della Repubblica di Lamezia, Domenico Prestinenzi, incontrando i giornalisti per fornire i dettagli dell’operazione.

Il magistrato ha fatto riferimento anche ad altri elementi che proverebbero che i beni, sebbene intestati alla donna, erano di «effettiva proprietà e nella diretta disponibilità di Antonio Salatino e del suo nucleo familiare». Tra questi, le localizzazioni satellitari da cui emergerebbe che nel periodo interessato dalle indagini «l’uomo è sempre presente» ed «i Salatino andavano alla villa una, due volte al giorno».

«Il figlio, ad esempio – ha detto il dirigente del commissariato Antonio Borelli – in novanta giorni è andato alla villa con un’auto 116 volte». Ma non solo. La cognata di Salatino, nel corso della perquisizione, non solo non aveva le chiavi, ma ha anche detto agli inquirenti che mancava da casa da quattro mesi. Questo anche se alcune circostanze all’interno della villa proverebbero il contrario come, ad esempio, la presenza di vari alimenti freschi all’interno del frigo. In un dialogo intercettato dagli inquirenti e svoltosi tra padre e figlio quest’ultimo, nell’esprimere preoccupazione per alcune tracce di scarpe trovate accanto al muro che porta i Salatino a decidere di intensificare la videosorveglianza alla villa, dice al padre che potrebbero essere state lasciate dagli zingari. Secca la risposta: «Non sono stati loro. Lo sanno di chi è questa casa».

 

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