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VIBO VALENTIA – La legge non guarda in faccia a nessuno. Neppure ad una ragazza di diciassette anni che porta con sé le ferite di una violenza subita quand’era ancora una bambina. Fu drogata e stuprata da due pedofili vicini di casa. La legge non la guardò in faccia neppure quando, accompagnata dalla madre, denunciò gli abusi subiti. La diciassettenne ha atteso vanamente giustizia e pace ma ancora oggi non trova né l’una né l’altra. Gli stupratori non hanno mai pagato per il crimine commesso. Lei costretta a nascondersi, prima nel Paese d’origine della madre, oltreoceano. 

Poi, rientrata in Italia, ospite della Casa di Marta, che ha sempre dato riparo a donne vittime di abusi e ragazze madri in condizioni d’indigenza. Centro d’accoglienza nel cuore di Vibo Valentia, ma «per adulti» e non «per minori, né tantomeno un centro antiviolenza», scrissero lo scorso 18 giugno dal Settore Politiche sociali della Regione Calabria, che non concesse la proroga della retta necessaria per il suo sostentamento. «Si rende necessario provvedere nel più breve tempo possibile a trasferire la minore in un ambiente più adeguato alla sua età», terminava quella comunicazione che non dava altri indirizzi. Non finì in mezzo alla strada, perché nel volgere di qualche giorno trovò riparo in una modesta abitazione nel centro storico di Vibo, dove  aveva iniziato a vivere col fratello, che lasciò per un periodo moglie e figli dall’altra parte del mondo per starle vicino. E’ la stessa abitazione dalla quale, ieri, è stata cacciata. Non perché abusiva: aveva un contratto regolarmente registrato in forza al quale abitava quei locali. Non perché morosa: ha sempre onorato ogni scadenza mensile. 

Cacciata senza che ne avesse colpa. L’ufficiale giudiziario, con poliziotti, carabinieri e vigili urbani, è arrivato di buon’ora per dare esecuzione al provvedimento di reintegro del possesso dell’immobile ad un’altra donna, disoccupata, divorziata e madre di una bimba di cinque anni, che aveva abitato quei locali fino ad un paio di mesi prima che li affittasse la ragazza vittima di violenze. Quella donna vi aveva abitato dal 5 aprile 2012 al 21 maggio 2013. Il proprietario – che lamentava di non aver mai ricevuto il pagamento dell’affitto – dopo aver fatto inutilmente ricorso alla giustizia, proprio quel 21 maggio fece di testa propria e quando la locataria uscì per accompagnare la bambina all’asilo andò in casa e cambiò la serratura. E da lì in avanti fu la donna a ricorrere alle vie legali ed alla fine ha ottenuto dal giudice il provvedimento di reintegro del possesso. Inutile l’istanza di sospensione avanzata al Tribunale dal proprietario, che nel frattempo, con regolare contratto, aveva dato in locazione l’immobile alla ragazzina e al fratello, che firmò l’atto registrato il 9 agosto. 

La legge è legge, la giustizia non si discute. E in poche ore la diciassettenne ha dovuto raccogliere le sue poche cose, trovando ospitalità, dopo l’intervento di un’assistente sociale dell’Azienda sanitaria, in un nuovo centro d’accoglienza. Dovrà trovarsi un’altra casa, ad un costo mensile che non prosciughi le poche risorse economiche delle quali dispone dopo aver trovato un lavoro, perfettamente in regola, presso un esercente di buon cuore. Vorrebbe, ma non potrebbe mai, tornare a vivere nella casa dell’amata madre, che accudisce la nonna gravemente malata. Perché la madre e la nonna vivono ad un passo da quei due stupratori che le hanno rubato l’innocenza e che, nonostante le denunce, non sono mai stati puniti.

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