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Rivelazione del segreto d’ufficio

Il finanziere Angelo Morello e i due carabinieri Consolato Roma e Antonio Cristiano, su istigazione di Gaetano Bonomi e dell’agente del Sisde Nicola Cervone, consegnavano allo stesso Cervone i tabulati di due schede telefoniche intestate all’ispettore della Squadra mobile di Potenza Pasquale Di Tolla e di un’altra scheda intestata al pm Henry John Woodcock: la prima veniva utilizzata per contattare per ragioni di servizio uno degli indagati dell’inchiesta Totalgate, la seconda e la terza per contattare la conduttrice di “Chi l’ha visto?” Federica Sciarelli. Consegnavano allo stesso Cervone anche una nota investigativa sui contatti telefonici tra la giornalista Federica Sciarelli e il gip Iannuzzi, oggi consigliere di Corte d’Appello.

Calunnia

Perché, gli stessi indagati, tramite atti d’indagine coperti da segreto istruttorio di cui erano venuti in possesso illecitamente, avevano montato e fatto spedire da un carabiniere di Cerignola un esposto indirizzato al Procuratore capo e al Procuratore generale di Potenza. Nell’esposto incolpavano, anche se li sapevano innocenti o comunque senza prove, il pm Woodcock, l’ispettore Di Tolla e il giudice Iannuzi di abuso d’ufficio, rivelazione di notizie ai giornalisti Santoro e Sciarelli, e favoreggiamento personale.

Abuso d’ufficio/1

Bonomi, che doveva accertare le condotte dei magistrati su delega dell’Ispettorato del ministero di Giustizia, non si asteneva da quella pratica nonostante avesse interesse a ottenere il trasferimento del procuratore Galante, del quale voleva prendere il posto. E ancora perché su due tenenti dei carabinieri esercitava metodi inidonei che influivano sulla loro libertà di valutare i fatti, esortando i superiori a far loro pressione per modificare le dichiarazioni rese al procuratore Galante sui comportamenti di Woodcock.

Abuso d’ufficio/2

Sempre Bonomi espresse parere favorevole all’istanza dell’avvocato Piervito Bardi, al quale è legato da vincoli di amicizia, sulla ricusazione del giudice Iannuzzi. Quest’ultimo, infatti, era già stato citato da Bardi per risarcimento danni. Per Iannuzzi quindi, dopo la ricusazione, avrebbe subito un ingiusto danno alla sua immagine di giudice imparziale. E, anche se la Corte d’Appello non dichiarò ammissibile l’istanza, non fu certo per volontà di Bonomi.

Corruzione

Perché in cambio dell’interessamento di politici vicini all’imprenditore Ugo Barchiesi, che gli avrebbero garantito l’ingresso nell’Ispettorato generale del ministero della Giustizia, Bonomi gli avrebbe concesso diversi piaceri. Tra questi: la consegna di atti coperti da segreto che lo avrebbero favorito in alcuni procedimenti penali, averlo aiutato a ottenere l’esito favorevole di una denuncia. Ancora, avergli riferito informazioni riservate e diffamatorie su tutta la Procura di Potenza, la promessa che avrebbe fatto in modo di riaprire un procedimento archiviato che gli interessava e infine mantenere una posizione di completo asservimento nei suoi confronti. f) rivelazione di segreto d’ufficio Bonomi consegnava a Morello, che non ne conosceva il contenuto, nonostante avesse partecipato a fornire a Nicola Cerone le notizie di cui era infarcito, copia dell’esposto anonimo firmato Sicofante

Associazione a delinquere/1

Insieme al magistrato della Corte d’Appello di Potenza Modestino Roca, il capo della Mobile Luisa Fasano e il responsabile dell’Aliquota carabinieri sezione polizia giudiziaria Pietro Gentili, Bonomi avrebbe compiuto atti di rivelazione di segreto, abuso d’ufficio e diffamamazione ai danni di Woodcock, Montemurro e Iannuzzi. Bonomi e Roca per essersi resi disponibili a inviare agli organi di azione disciplinare una serie di segnalazioni pretestuose e infontate, il tutto per garantire a esponenti politici e imprenditoriali l’impunità e preservarli da azioni giudiziarie e Gentili e Fasano per il loro ruolo di cinghia di trasmissione tra le indagini e i due magistrati ansiosi di acquisire notizie.

Costituzione di società segreta

Roca e Bonomi l’avrebbero messa in piedi per interferire nell’attività della Procura di Potenza. Volevano interferire con le indagini tramite una serie di azioni disciplinari volte alla delegittimazione dei magistrati, nonché alla loro intimidazione: li avrebbero sanzionati se avessero proseguito con inchieste sgradite. Gentili e Fasano fornivano tutte le informazioni necessarie al progetto.

Associazione a delinquere/2

Bonomi sarebbe il capo di un sodalizio composto anche dall’agente del Sisde Cervone, il finanziere Morello e il carabiniere Cristiano, finalizzato a corruzione, diffamazione, trattamento illecito di dati riservati e calunnia nei confronti di Woodcock, Montemurro, Iannuzzi e altre due pm della Procura, le dottoresse Piccininni e Triassi. Il tutto sempre per potersi procacciare vantaggi dalla politica lucana, interferendo nelle indagini e condizionandone l’iter.

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