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4 minuti per la lettura
E’ tornare che è un po’ morire (io)
 
Rientro dal mio primo Salone internazionale del libro,  a Torino,  con tre sublimi tavolette di cioccolato (melone, basilico, sale di Cervia), due magliette (nere stupende),  due fantastiche tazze da te, un numero imprecisato di segnalibri, una manciata di titoli già scaricati sul mio kindle touch e cosa più? Ah sì, i libri. Presi pure quelli nel numero di due. 
Sono afflitta da una strana mania alla Noè, ultimamente viaggia tutto in coppia. 
Mi porto a casa i visi. Tanti. E i piedi  piatti, ho camminato di più in una giornata dentro al Lingotto che in due a giorni a Venezia. (Nun se trovava ‘na sedia manco a morire. A parte nelle sale. Disposte ai quattro angoli cardinali dell’edificio. Enorme edificio, senza contare la “succursale”). 
Mi restano dentro le  parole di quelli che di solito leggo. Fa uno strano effetto, confesso, vederteli lì davanti mentre li hai sempre immaginati come mani su un pc a scrivere e basta. Il tutto nonostante la sovraesposizione televisiva di alcuni, le fotine su twitter e via discorrendo.  Vederseli davanti è diverso. Carne, sangue. Voci, “sentite” e non lette o immaginate. Fuori da un pc trovi persone.
Fa davvero uno strano effetto a una geek in fieri come me. 
Massimo Gramellini, Anna Masera, Gianni Riotta. Tremonti, giuro ci sono stata a un tiro di sputo ma ho fatto la signora. L’ho scansato per farlo passare. Fabrizio Gifuni (ahhhh). Beppe Severgnini che parlava, mentre bestemmiavo sulla batteria del cellulare che mi aveva  mollato proprio  mentre lui teneva una delle sue tante lezioni su twitter. Cioè che se non tuitti che ci sei andato a fare agli eventi? Presenza?
L’odore della carta. Antico e inebriante. Pungente a lasciarti dentro un segno. Scia di pensieri. 
Serena Dandini e Piero Chiambretti, meraviglioso in giallo limone. Oscar Giannino, perfetto. Al solito. 
E poi gli scrittori: Biagio Simonetta, si vabbè è un amico ma è anche uno scrittore quindi se non lo avete ancora fatto andate a comprarvi il suo “Faide. L’impero della ‘ndrangheta”. Paola Bottero, vabbè è un’amica pure lei ma è anche lei una bravissima scrittrice. Piena di immagini e rimandi. Aldo Cazzullo, no non è un amico, ma è stata davvero suggestiva la lettura di alcuni brani dal suo libro “La mia anima è ovunque tu sia”. 
Luis Sepulveda. Matteo Righetto, intravisto allo Stand della Tea.
Il fruscio commovente delle pagine dei libri sfogliati. A stare attenti sovrastava voci e concitazione.
Emanuele Trevi. Tra Gadda e Pasolini. Fabio Volo, vabbè oh c’era pure lui. In una sala stracolma. I fenomeni vanno capiti, studiati. Poi, nel caso, evitati. Ma mai sottovalutati. 
Le poltroncine bianche all’incontro degustazione sul cioccolato. L’enologo rasta. 
Quelli che non ho visto, per mancanza di tempo, disorganizzazione e cellulare scarico. Giovanna Gallo e Davide Licordari, tra tutti (spero di rimediare al più presto). Sergio Garufi.  E anche qui scatta sentito e doveroso il consiglio di lettura.  “Il nome giusto”. Romanzo di formazione. Imperfetto come la vita. Garufi, lo chiamerei Sergio ma siamo “amici” solo di social, ha esordito come scrittore a 48 anni (ma se non lo avete mai letto su Nazione Indiana o altrove non sapete cosa vi siete persi) questa cosa,  lui non lo sa,  mi ha dato tanto forza (e incoscienza) nel decidere di aprire un blog a 40 suonati. 
Le prime volte possono essere tardive a volte.
Intorno a tutto questo Torino. L’inquieta. La magica. La nera. I suoi vialoni. L’atmosfera. Le maglie zebrate. La vista dei Murazzi dal circolo canottieri la sera della figherrima festa della festa della Minum Fax. Privè su terrazze dietro a tende. Musica e scrittori. Io e mia cugina siamo sicurissime di aver intravisto Giuseppe Culicchia. Lo spritz con vista sul Po con Giovanni, Francesco,  Anna Emi e Simo. La passeggiata con i cugini torinesi. Lontani per distanza, ma vicini per il cuore. 
 La cena “Dukan ma non tanto” della Gnapina mia. La colazione “niente affatto Dukan”, chiacchiere e calore di famiglia. Cose di casa. In esterna. 
Io e Simo, sotto la pioggia. I tredici euro per due cappuccini e due cornetti.  Le suggestioni dell’Italia che fu, la storia (gloriosa) e il presente che ha la faccia dei tanti cartelli affittasi in pieno centro.  Delle elemosine chieste. Della musica sotto ai portici.  
La Mole e la Grande Madre. 
 A chiudere il treno. Il frecciacozza del ritorno. La tipa rimasta chiusa in bagno, la bionda allegra e colorata al mio fianco che si rivela essere la segreteria culturale dell’Istituto italo – latino americano e che mi parla del suo “salone” con l’amico di una vita,  Lucio (Sepulveda). 
Poi Roma. Soleggiata. Il punto d’arrivo. Vivo di suggestioni, quelle racconto.  
 ps nella foto una vista notturna, a modo mio, dei Murazzi a Torino. 
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