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POTENZA – Potrebbero costare caro al presunto boss dei pignolesi, Saverio Riviezzi, i giri di droga scoperti dai finanzieri del Gico di Potenza tra il 2016 e il 2018. Molto più delle accuse di mafia, e dei sospetti per alcuni degli omicidi più efferati della recente storia criminale del potentino, dai quali uscito sempre illeso. Incassando una serie di assoluzioni e persino il risarcimento per ingiusta detenzione sofferta.

E’ questo il sottotitolo della condanna emessa ieri pomeriggio dal Tribunale di Potenza al termine del processo di primo grado sui traffici di cocaina ricostruiti dal Gico di Potenza, dallo Scico e dalla Direzione centrale dei servizi antidroga della Guardia di finanza di Roma, coordinati, all’epoca delle indagini, dal pm Gerardo Salvia e dall’allora procuratore aggiunto di Potenza, Francesco Basentini.

Il collegio presieduto da Rosario Baglioni, e completato dai giudici Marianna Zampoli e Francesco Valente, ha rivisto al rialzo le richieste di condanna avanzate nelle scorse udienze dal pm Salvia. Nonostante l’esclusione dell’aggravante mafiosa e di quella prevista per le associazioni a delinquere con più di 10 partecipanti. Quindi ha inflitto 197 anni di reclusione complessivi agli 8 componenti della presunta associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico composta dai pignolesi e dai loro soci in affari.

La pena più alta, 30 anni di reclusione, è stata inflitta al boss, Saverio Riviezzi, al suo «braccio operativo», Kebir Moukhtari, e al loro «referente sul territorio campano per l’approvvigionamento di cocaina», il casoriano Giovanni Piscopo. Il collegio ha fissato in 25 anni di reclusione, invece, la pena per il figlio del boss, Vito Riviezzi, e in 18 anni e 40mila euro di multa per il suo «accompagnatore automunito», Angelo Quaratino. Quindi in 22 anni e 45mila euro di multa per Hrita Driss, residente a Giffoni ma «addetto alla fornitura dall’estero (Germania e Olanda) dello stupefacente)», 19 anni e 41mila euro di multa per il suo «collaboratore», Addi Ennser di Montecorvino, e 20 anni a 41mila euro di multa per l’ebolitano Habib Badi, «procacciatore e intermediario per l’acquisto di stupefacentem addetto in più circostanze a trattare, per conto di Saverio Riviezzi, l’acquisto di droga con fornitori del Lazio e e della Campania».

Le motivazioni della sentenza verranno depositate entro 90 giorni poi i difensori degli indagati potranno rivolgersi alla Corte d’appello, come alcuni hanno già annunciato di voler fare, a margine della lettura del dispositivo. L’inchiesta della Guardia di finanza, soprannominata “Impero”, era nata nel 2016 dai sospetti sulla gestione del circolo “Il dopo lavoro” di Pignola. Indagando su quel circolo gli agenti delle Fiamme gialle hanno scoperto che benché intestato a un prestanome sarebbe stato il «punto di riferimento» di chi voleva contattare Riviezzi e i suoi complici. Poi sono venuti alla luce i traffici di stupefacenti e «l’avvio di iniziative imprenditoriali di un certo spessore del “gruppo Riviezzi”».

Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, il presunto boss avrebbe ripreso le fila del suo clan appena uscito dal carcere dopo un lungo periodo di detenzione, organizzando un traffico internazionale di cocaina e hashish per rifornire le piazze spaccio del potentino da difendere, se necessario, anche con l’uso delle armi.

A luglio del 2018, in occasione degli arresti eseguiti nell’ambito di questa stessa indagine, il procuratore Antimafia del capoluogo, Francesco Curcio, aveva parlato di «una solida struttura che poteva contare su una fitta rete di collaboratori, intermediari, fornitori e corrieri», e si sarebbe approvvigionata di droga anche all’estero grazie all’intermediazione dei fornitori marocchini. A capo di tutto, ad ogni modo, ci sarebbe stato sempre Riviezzi, spesso chiamato «zio» o «zia» dai suoi presunti sodali.

A delinearne il profilo era stato lo stesso presunto prestanome del circolo “Il dopo lavoro” che in un’intercettazione registrata dagli investigatori ne aveva esaltato lo spessore criminale. «A Potenza comunque levato a Saverio non c’è più nessuno…» Queste erano state le parole finite negli audio delle Fiamme gialle. «Saverio conta… Saverio è… Saverio… A Pignola comunque Saverio è potente… Poi tiene gli amici… gli amici in Calabria… ma loro sono potenti ma questa la ‘ndrangheta è la mafia più potente al mondo». Affermazioni, quest’ultime, riscontrate da una serie di viaggi oltre Pollino monitorati a distanza dagli investigatori.

Durante le indagini, tra settembre 2017 e febbraio 2018, sono stati sequestrati circa 7 chili e mezzo di cocaina in arrivo dalla Germania e dalla Campania che sul mercato avrebbero fruttato 200mila euro.

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