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GIORNATE ad alta tensione per la maggioranza, messa a dura prova dalla ratifica del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità – cui l’Italia, unica in Europa, non ha ancora dato l’ok, resistendo ad oltranza alle pressioni di Bruxelles – su cui i tecnici del Mef, guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti, hanno dato un sostanziale via libera. E finita poi nel mirino delle opposizioni dopo la decisione del centrodestra – e del governo – di disertare la Commissione Esteri della Camera riunita per il voto sul testo base del ddl di ratifica presentato dai dem, passato con il via libera di Pd, Iv-Azione e Avs, mentre i Cinque stelle si sono astenuti. Il testo dovrà passare ora al vaglio della Commissione Bilancio e poi tornare alla Commissione Esteri per votare il mandato al relatore, con il 30 giugno come data fissata per l’approdo in Aula, quando la maggioranza potrebbe chiedere l’audizione del ministro dell’Economia, puntando a un rinvio del voto dopo l’estate.

Esponenti del centrodestra hanno accusato le opposizione di di strumentalizzazioni, rassicurando sulla compattezza dello schieramento, reduce anche dall’ «incidente» di mercoledì in Commissione Bilancio al Senato, dove è andato sotto durante il voto sul parere al nuovo pacchetto di emendamenti al decreto Lavoro: mancavano due esponenti di Forza Italia. Un’assenza che agli albori del dopo Berlusconi ha legittimato dubbi e sospetti, e non solo tra le fila delle opposizioni: si è trattato di una causalità o si è voluto dare un segnale alle altre forze di governo? «È stato un fraintendimento, errori che non devono capitare. FI sostiene e sosterrà questo governo, sarà presente e attivo nella maggioranza. Siamo diversi dalla Lega e da Fd’I ma siamo convintamente nel governo come ci hanno chiesto i nostri elettori», si è affrettato a chiarire il vicepresidente del Consiglio, coordinatore del partito, Antonio Tajani. «Nessuna provocazione, è stato un malinteso», ha ribadito.

L’ok dell’Aula del Senato al provvedimento – con 96 sì, 55 voti contrari e 10 gli astenuti – ha chiuso il capitolo. Ma è rimasto aperto, e caldo, il fronte Mef, su cui la Ue mantiene i riflettori accesi: il dibattito in corso in Italia «è seguito» dalle istituzioni Ue «con attenzione», hanno riferito fonti europee interpellate sulla discussione parlamentare in corso alla Camera e lo scontro sul parere inviato dal Mef alla Commissione Esteri, in vista del voto sul testo base, favorevole alla ratifica del Mes. Nel dossier, firmato dal capo di gabinetto del ministero, Stefano Varone, si escludono rischi per la finanza pubblica, anzi si sostiene che ci sia la possibilità che “migliori il rating”, aiuto sostanziale per i Paesi ad alto debito, dunque prima di tutti per l’Italia.

Non proprio la linea della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che è da sempre contraria alla ratifica del Mes e punta a rinviare il più possibile la decisione per trattare con Bruxelles le nuove norme del Patto di stabilità. Ieri il leader leghista Matteo Salvini ha provato a sminare il campo, derubricando l’accaduto e garantendo sulla “fedeltà” politica del ministro Giorgetti rispetto alle posizioni del partito: «Sul Mes decide il Parlamento. Se arriverà la discussione in Parlamento, lì si voterà. Quella del ministero dell’Economia è un’opinione tecnica. Tecnicamente uno può fare i conti per quello che è il bilancio pubblico poi politicamente tutto il centrodestra, dalla Meloni al sottoscritto, ha sempre ritenuto che in questo momento il Mes non è uno strumento utile per il paese». «Ieri ero a pranzo con Giorgetti. Abbiamo parlato di questo è di tanto altro e siamo in perfetta sintonia. Giorgetti è un politico, come lo sono io e se arriverà in Parlamento lo voteremo in modo politico», ha aggiunto, assicurando che «la Lega voterà come ha sempre dichiarato».

Quanto alla posizione di Forza Italia, è stato ancora a Tajani a prendere la parola: «In principio siamo favorevoli al Mes. Poi c’è stato il Recovery Plan e non è servito più. Non siamo però soddisfatti del regolamento del Mes perché non c’è alcun controllo da parte delle istituzioni comunitarie sull’attività. Rischiamo che gli Stati più grandi decidano di fatto la strategia, mentre noi chiedevamo da sempre un controllo del Parlamento europeo e della Commissione europea, come avviene per la Bce». Ieri a Palazzo Chigi è arrivato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Una visita istituzionale, è stato sottolineato, durante la quale ha parlato con la premier delle prospettive economiche e di crescita dell’Italia, ma anche dello scenario generale dei tassi di interesse. Difficile Tuttavia credere che il Mes sia rimasto fuori dal tavolo. Nella sede del governo c’era anche il ministro Giorgetti, impegnato in un incontro sull’Ilva. Il Consiglio dei ministri, inizialmente rinviato ufficialmente per “sopraggiunti impegni personali” della premier, si è chiuso in lampo – è durato appena cinque minuti – con all’odg solo l’esame di alcune leggi regionali, mentre l’esame del ddl quadro per la ricostruzione e la riforma del codice della strada saranno sul tavolo del Cdm in programma per martedì alle 18. «La presidente del Consiglio era impegnata altrove e ci ha chiesto la cortesia di essere presente tra qualche giorno, tutto qua. Nessun problema, non vi inventate problemi che non esistono, nessun problema politico», ha puntualizzato il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, lasciando palazzo Chigi dopo la riunione.

L’assenza del centrodestra in Commissione ha ricaricato le opposizioni che sono tornate all’attacco. Sul campo anche la segretaria del Pd, Elly Schlein, che ha parlato di «un governo fantasma, un governo che non sta in piedi e questo mina la credibilità internazionale dell’Italia è che non sta dando le risposte che ci servono all’Italia che fa più fatica». «Ieri (mercoledì, ndr) sono andati sotto in commissione al Senato sul decreto legge Lavoro, oggi (ieri) non si presentano in commissione Esteri sulla ratifica del Mes. Mi pare che abbiano qualche problema che è tutto della maggioranza», ha affermato Maria Elena Boschi, deputata di Italia Viva, sottolineando che il ritiro sull’Aventino da parte di maggioranza e governo «non si era mai visto». «La nostra posizione noi l’abbiamo chiarita – ha detto il leader M5s Giuseppe Conte spiegando l’astensione in Commissione -, la nostra approvazione è in una logica di pacchetto e ci aspettiamo che gli altri pilastri vengano completati. Né Draghi né Meloni li hanno completati, oggi la Meloni si assuma la propria responsabilità, ce lo dica che cosa vuole fare da grande in Europa».


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