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Il tribunale di Matera

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Il pm di Matera nel processo sull’amianto killer a Ferrandina chiede condanne per lesioni e omicidio colposo per 5 dirigenti Materit

MATERA – Condannare a 2 anni e 8 mesi di reclusione per lesioni e omicidio colposo 5 anziani dirigenti dello stabilimento ex Cemater, e poi Materit, di Ferrandina, dove dal 1975 al 1989 l’azienda ha prodotto manufatti vari in cemento amianto.

È questa la richiesta avanzata, martedì a Matera, dal vice procuratore onorario Domenica Lippolis, al termine del dibattimento di primo grado sulle patologie legate all’esposizione all’amianto sviluppate da 17 operai, e il decesso di altri 4 colleghi, più la moglie di un quinto, che «era solita lavare presso la sua abitazione le tute da lavoro del marito essendo così esposta ad inalazione delle fibre di amianto depositate sulle tute». Patologie e decessi registrati anche a più di vent’anni dal blocco della produzione, tra il 2006 e il 2016.

A rischiare la condanna sono il 77enne piemontese Silvano Benitti, e il 92enne romano Pietro Pini, rispettivamente «capo servizio tecnico» e «direttore dello stabilimento Cemater di Ferrandina per il periodo dal 1975 fino ai primi mesi del 1979». Quindi l’82enne Michele Cardinale, vice presidente del Materit dal 1984 al 1985, anche lui piemontese, più il 79enne romano Michele Bonanni, e il 78enne Lorenzo Mo, sempre piemontese, entrambi consiglieri di amministrazione della società negli ultimi anni di attività dello stabilimento lucano.

AMIANTO KILLER ALLA MATERIT DI FERRANDINA, SENTITI I DIFENSORI DEI FAMILIARI DELLE VITTIME

Durante l’udienza davanti al giudice Rosa Bia, sentiti anche i difensori dei familiari delle vittime decedute e di quelle ancora in vita, e delle altre parti civili costituite. In particolare gli avvocati Angela Galetta e Andrea Di Giura per conto di Medicina democratica e l’Associazione Italiana Esposti Amianto. Il 21 novembre, quindi, fissato il prosieguo dell’udienza per le discussioni dei difensori degli imputati e decisione.

Ai 5 dirigenti vengono contestate, in particolare, una serie di omissioni. Omissioni attuate in considerazione della «potenziale dispersione nell’aria di fibre di amianto», a causa delle lavorazioni effettuate. Come la mancata adozione di «idonei sistemi di aspirazione localizzati nei luoghi di produzione delle polveri di amianto pericolose, in modo da impedirne o almeno contenerne la dispersione nell’ambiente di lavoro ed idonei sistemi di ventilazione dei locali».

O ancora le mancate dotazioni per i lavoratori di «idonei apparecchi personali di protezione volti ad impedire l’inalazione delle fibre di amianto», e la mancata informazione degli stessi lavoratori sui «rischi specifici cui erano esposti, anche con riferimento alla pulizia degli indumenti di lavoro utilizzati».
Nel 2018 i pm titolari del fascicolo avviato a seguito di una serie di denunce presentate a partire dal 2012, Rosanna De Fraia e Annafranca Ventricelli, avevano già chiesto e ottenuto l’archiviazione, per avvenuta prescrizione delle ipotesi di reato collegate alla morte di altri 4 operai, tra il 1999 e il 2004.
Toccherà al giudice che a novembre sarà chiamato a decidere sul caso, quindi, valutare se nel frattempo siano maturati i termini di prescrizione anche per le accuse finite a processo.

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