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VIBO VALENTIA – «Una cosa voglio che sia chiara in tutta questa vicenda: sono stato io a contrarre il virus da altri e non ho infettato alcuno». La voce dall’altro capo del telefono la voce è quella di Gabriele Fera, medico oculista di Vibo Valentia il cui nome è stato sussurrato sempre più insistentemente in questi giorni. Il motivo? Dopo il ricovero dell’anziana madre, risultata positiva all’infezione da Covid-19, non poche persone lo avevano additato ad “untore”.

Termine che lo stesso specialista ha rigettato con forza, rammaricandosi del fatto che molto spesso «si finisce nel tritacarne mediatico senza che vi sia la benché minima certezza o rispetto per la persona». Fera, ha quindi voluto contattare il Quotidiano del Sud per rassicurare la popolazione raccontando come sono andati i fatti.

«Agli inizi di marzo sono partito, in autobus, con altre persone, destinazione Trentino, per la precisione Dimaro», località nota agli sportivi in quanto meta estiva del Napoli per gli allenamenti precampionato. Il virus lì non era ancora arrivato né la cittadina era ancora zona rossa, precisa il medico che aggiunge: «Per tutto il tempo della mia permanenza non si è verificato un solo caso di contagio. Io sono rientrato in Calabria il 7 marzo, con le stesse persone con le quali ero partito».

E al riguardo, Fera ha voluto precisare di non essere stato insieme all’uomo anch’egli tornato dal Trentino: «Assolutamente, eravamo in posti diversi e con comitive diverse», ha affermato, aggiungendo di essersi «messo in contatto con le istituzioni sanitarie prima di scendere per autodenunciarsi. Ho quindi osservato tutte le procedure del caso», rileva ancora l’oculista le cui ultime visite, sottolinea «le ho svolte fino a giorno 11 marzo, dopo di che ho chiuso lo studio e ho effettuato un paio di visite prima del 20 marzo, per urgenza, ma ho adottato tutte le opportune precauzioni».

Gli domandiamo allora se pensava di essere positivo: «No, ma tornando dal Trentino mi sono comportato come se lo fossi. Ho agito in modo corretto, come le circostanze del momento imponevano. Non sono stato sottoposto a tampone ma basta fare due calcoli per capire che in quel momento non lo ero, tant’è che mi sono messo in contatto con tutte le persone che hanno viaggiato con me e nessuna di loro ha manifestato sintomi fino ad oggi.

E dal 7 marzo sono passati ormai 20 giorni». Pertanto, secondo l’interessato il virus l’ha contratto successivamente, ed ha anche capito più meno quando: «dal 18 marzo in poi», sostiene e a trasmetterlo a lui dovrebbe essere stata proprio la madre: «Lei ha iniziato ad avere i sintomi verso il 17 risultando positiva li 22. Le due badanti appena 2-3 giorni dopo. Quindi, adesso, io. Prova ne è il fatto che il primo tampone, eseguito a ridosso della positività di mia madre è stato negativo e si sa che per rilevare tracce della presenza del virus devono passare dai 5 ai 7 giorni».

Fera, poi, chiarisce di aver «subito avvisato i suoi pazienti all’indomani della positività della madre (il 23)» e «che nessuno di questi ha avuto problemi fino ad oggi, ma sono passati ormai 10 giorni,» nonché di averli esortati a recarsi presso la Asp per sottoporsi ad accertamenti. Pazienti che, nel frattempo, sono stati anche contattati dalla stessa Azienda.

Quindi un appello alla popolazione: «Voglio che si sappia che non sono io l’untore, che le voci che mi sono arrivate in questi giorni, che poi sono le stesse rivolte ad altri miei colleghi che tra l’altro sono risultati negativi, mi addolorano molto. Ribadisco di aver operato con la massima trasparenza e correttezza, mantenendo le massime precauzioni nel momento in cui ero ancora negativo».

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