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Un discorso da grande Paese di un Capo dello Stato che parla a tutti e si sforza di usare un linguaggio che tutti capiscano. Un discorso alla Pertini, con un po’ meno di enfasi passionale, che esprime l’identità nazionale di un Paese civile. Il civismo, fatto di uomini in carne e ossa, di comportamenti nobili, il sacrificio della vita del sindaco di Rocca di Papa e dei tre vigili del fuoco di Alessandria. Sono la cifra autentica di un popolo che deve avere più stima di sé, che è capace di ritrovare la fiducia nei suoi mezzi. Sono l’Italia vera. Quella che si rimbocca le maniche, riconosce i veleni e li uccide uno dopo l’altro. Smonta il Paese avvelenato.

Mattarella vuole restituire alle donne e agli uomini il grande Paese che l’Italia è, ma non sa di essere, e fa di tutto per non essere. Divorato dall’invidia sociale, dallo spirito di denigrazione, dalla tendenza a scambiare l’opinione con il fatto e a imporla come verità mentre di sovente è il frutto malato di una incompetenza arrogante. C’è in questo discorso di Mattarella l’esercizio massimo della responsabilità con la leggerezza espressiva di chi sa di rivolgersi non alle alte cariche dello Stato, ma alla sua gente e è, quindi, consapevole di quanto la testa e il cuore degli italiani siano importanti per uscire dal ghetto delle meschinità quotidiane e ritrovare il bandolo della coesione nazionale.

Per capire, insomma, che non esiste una strada solitaria allo sviluppo, che non esiste futuro senza un’idea condivisa di Italia. Per dire, con estrema chiarezza, che fare ripartire il Sud significa fare ripartire il Paese nel suo complesso. Questo, a nostro avviso, è il punto massimo del ragionamento di Mattarella perché Sud e Italia stanno naturalmente insieme, misurano la dimensione del problema sistemico del ritardo italiano. Ci piace qui ripetere il passaggio testuale del suo discorso: “Dobbiamo creare le condizioni che consentano a tutte le risorse di cui disponiamo di emergere e di esprimersi senza ostacoli e difficoltà. Con spirito e atteggiamento di reciproca solidarietà. Insieme. In particolar modo è necessario ridurre il divario che sta ulteriormente crescendo tra Nord e Sud d’Italia. A subirne le conseguenze non sono soltanto le comunità meridionali ma l’intero Paese, frenato nelle sue potenzialità di sviluppo”. Non abbiamo nulla da aggiungere.

Chi ha la responsabilità di governo deve capire che l’Italia tutta, a partire dal Nord, ha bisogno di ridurre il suo divario interno e può farlo non elargendo assistenza ma aprendo e chiudendo i cantieri per dare al Sud i treni veloci che sono la pre-condizione della rinascita possibile. Senza una dimensione infrastrutturale e industriale nazionali, anche ciò che è sopravvissuto del sistema produttivo settentrionale potrà ambire, al massimo, a diventare l’appendice meridionale dei colossi tedeschi se non subirà prima l’onta della colonizzazione francese di tipo finanziario. La medicina per curare la malattia italiana oggi sono gli investimenti pubblici di sviluppo nelle regioni meridionali. Bisogna farli subito, con i nostri soldi, non con le fanfare comunitarie post-datate del politico di turno. Di favole e luoghi comuni muore l’Italia, non il Sud. Non sarà così importante a chi faranno prima il funerale.


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