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Se i controllati possono scegliere e nominare i loro controllori il controllo si svuota di ogni ragione. Se i controllati in questione amministrano i bilanci della cassaforte più ricca della spesa pubblica italiana, quali sono diventate le Regioni e le Province autonome, e hanno facoltà di reclutare nome per nome i loro giudici contabili, addirittura, senza che siano richiesti a essi particolari titoli di studio o requisiti professionali, siamo al vulnus più brutale di una democrazia funzionante e alle mani libere della politica che vuole moltiplicare impunemente i disastri che già troppo spesso stabilmente combina.

Nemmeno ai tempi della peggiore partitocrazia è venuto in mente a qualcuno che si potessero mettere da parte i giudici togati della Corte dei Conti, che hanno vinto un regolare concorso, per mettere sopra la loro testa uomini asserviti alla politica e, addirittura, dalla medesima politica designati. Siccome parliamo di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e di mani della politica sulla Corte dei Conti vuol dire che si intende sottrarre al vaglio di legittimità di magistrati indipendenti e competenti l’operato della propria attività di amministratore e avere campo libero per ogni tipo di mercimonio. Siamo alla vergogna delle vergogne.

Diciamocelo con franchezza: gli emendamenti proposti dalla Lega all’articolo 23 del Milleproroghe sono un esempio di quei pieni poteri invocati che hanno l’inconveniente, in questo caso, di abolire l’indipendenza della magistratura contabile italiana, rendere di fatto “facoltativo” il controllo, e privare i cittadini della tutela delle risorse pubbliche delegata a un giudice terzo e indipendente. Non vogliamo nemmeno pensare che cosa potrebbe accadere in quei territori dove le infiltrazioni criminali nelle attività della politica sono all’ordine del giorno. Quando il dissesto è stato scavato nei bilanci con le peggiori pratiche clientelari e mascherato con ogni forma di artifizio. Quando si tratta di segnalare situazioni gravi che investono la vita democratica delle istituzioni o la qualità dei bilanci e dello stato patrimoniale di un ente locale. La politica ha sempre mostrato fastidio e, a tratti, insofferenza verso chi mette becco sulle sue scelte, ma non è mai arrivata neppure a concepire di potersi nominare da sola il suo controllore. Pensavamo di avere visto tutto, ci sbagliavamo. Non c’è mai limite al peggio.


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