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Giuseppe Conte

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Per salvare l’Italia bisogna ascoltare chi la tiene in vita nonostante tutto e contro tutti. Bisogna sintonizzarsi con chi fabbrica il prodotto interno lordo non con chi passa la giornata a fabbricare bastoni da mettere nelle ruote di chi tira la carretta in casa e fuori. C’è l’urgenza assoluta di cambiare in profondità la macchina pubblica italiana e di rendersi tutti conto che fare spesa pubblica produttiva nel Mezzogiorno è il primo interesse del Nord se si vuole che l’Italia torni ad avere un mercato interno di consumi all’altezza della sua collocazione tra i grandi Paesi industrializzati e recuperi la leadership nel Mediterraneo attraverso la riunificazione infrastrutturale delle due Italie. Per fare tutto ciò serve un Progetto Paese di lungo termine che produca però effetti tangibili già nei prossimi due anni e che sottragga la cassa europea al solito marchettificio della politica italiana di sinistra, di destra e degli ultimi arrivati populisti e sovranisti, che neppure la Pandemia globale e la Grande Depressione sono in grado di fermare.

La polveriera sociale è già esplosa ma rischiamo un “brodo eversivo” in autunno dove tutto si incattivisce e dove gli errori capitali mai riconosciuti di chi guida la macchina politica e esecutiva del Tesoro producono effetti devastanti non più recuperabili. Chi ha la regia della politica economica italiana ha sfornato un “decreto illiquidità” che spaccia un salva-banche come un salva-imprese e garanzie di Stato per i Soliti Noti – che sono la prenotazione di nuovo debito pubblico – come soldi veri (mai comparsi) per quella economia sana che si è vista chiudere le sue attività per decisione obbligata del Governo e che ha diritto a un risarcimento. In autunno questo sfregio alla serietà che demolisce la fiducia, mai riconosciuto da chi lo ha compiuto, può condurre l’Italia sul baratro. Per queste ragioni abbiamo rivolto un appello al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di cui conosciamo l’indipendenza dalle mille lobby del Paese, perché convochi gli Stati generali dell’Economia produttiva. Si confronti sul posizionamento strategico dell’Italia con la sua grande impresa che coincide con lo Stato imprenditore non per una scelta collettivista ma per l’incapacità delle grandi famiglie del capitalismo italiano di preservare ciò che hanno ricevuto dai loro antenati. Si occupi della piccola e media impresa di qualità manifatturiera, agricola, turistica, commerciale e artigiana.

Abbiamo chiesto al Presidente Conte di assumere lui in prima persona il coordinamento e la gestione del Progetto Paese mettendo nero su bianco scelte condivise che consentano di proteggere subito l’economia più danneggiata con soldi veri non con le scartoffie pesanti dei padroncini di Stato e i miserevoli bizantinismi della burocrazia ministeriale. Fare ripartire gli investimenti pubblici e privati e perseguire la riunificazione digitale, ferroviaria, stradale, scolastica, sanitaria delle due Italie. Siamo convinti che se farà questo, in stretto coordinamento con le forze politiche della maggioranza e con un dialogo non di facciata con l’opposizione, l’Italia avrà il suo Progetto Paese e ce la farà, altrimenti rimarrà stritolata in una competizione politica sul niente insensibile perfino al dramma sociale e economico sotto gli occhi di tutti. Saremmo davanti alla nuova grande questione morale italiana.

Presidente Conte, il mondo della produzione sano, quello che non vive di giochetti politici e di lobbismo parassitario, vuole che Lei prenda in mano l’economia e li convochi per definire insieme il Progetto Paese. Vuole che tutto ciò avvenga presto e bene. Ci siamo permessi di fare una cosa che non toccherebbe a noi. Abbiamo chiesto a chi ne capisce quali sono le opere infrastrutturali immediatamente cantierabili o velocemente cantierabili nel Mezzogiorno. Abbiamo scoperto che anche qui si può fare presto e bene molto più di quello che immaginavamo a partire dalla alta velocità ferroviaria da Napoli alla Sicilia, ponte sullo Stretto, e quadrilatero industriale Napoli-Bari-Taranto-Gioia Tauro che riunisce in un circolo virtuoso le due grandi aree metropolitane del Mezzogiorno e costituisce la piattaforma logistico-portuale del Sud Europa che è la porta italiana dei traffici globali. Ci sono tutte le condizioni per fare ripartire l’Italia intera che non vuol dire bloccare le opere ugualmente cantierabili del Nord. Significa che questa volta se vuole tornare a crescere l’Italia deve partire dal Mediterraneo e che alla guida del processo non può che essere l’Italia capovolta perché la geografia ha le sue leggi inviolabili. Il coraggio della politica può fare la differenza.


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