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TORINO – Il Piemonte come la Lombardia: la ‘ndrangheta avrebbe  determinato l’esito complessivo delle elezioni. In questo caso si tratta delle amministrative comunali svoltesi in Chivasso nel 2011 e a scriverlo è il gip di Torino Giuseppe Salerno nell’ordinanza di custodia cautelare che stamane ha portato all’arresto di 22 persone nel torinese, nel vercellese e in Calabria per associazione mafiosa, riferendosi ai risultati elettorali che nel giugno del 2011 portarono all’elezione del sindaco di centrosinistra Gianni De Mori, che non è indagato, e che si è poi dimesso nel gennaio 2012. 

E’ una maxi-operazione quella scattata su ordine del gip di Torino: le accuse riguardano associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illegale di armi, estorsione, ricettazione e altro. I carabinieri stanno eseguendo anche 40 perquisizioni e il sequestro di beni mobili e immobili stimati in alcuni milioni di euro. I dettagli dell’operazione a mezzogiorno durante una conferenza stampa dei carabinieri a Torino. 

L’operazione condotta dai carabinieri nelle province di Torino e Vercelli e in Calabria è stata denominata ”Colpo di coda”‘ e riguarda le presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nel torinese, in particolare nella zona di Chivasso (Torino), dove recentemente quattro pregiudicati sono stati raggiunti da colpi di arma da fuoco. Gli arresti e le perquisizioni sono stati disposti dal gip Giuseppe Salerno, su richiesta del procuratore aggiunto Sandro Ausiello e dei suoi sostituti Roberto Sparagna e Monica Abbatecola. In alcuni passaggi dell’ordinanza di custodia cautelare sono riportati rapporti tra una locale cellula della ‘ndrangheta e il mondo politico della zona. 

 

 La ‘ndrangheta ha messo in atto una «strategia comune», spiega il gip nelle 331 pagine dell’ordinanza, per «cercare di inserire vari candidati nelle molteplici liste presentate». Ma poi, «preso atto del mancato accoglimento degli esponenti del Pdl chivassese», gli affiliati si sono determinati a non schierarsi nelle liste dei due candidati principali – Buno Matola per il Pdl e Gianni De Mori per il Pd – ma di favorire la lista capeggiata dal candidato dell’Udc Massimo Striglia (il quale non è indagato), mirando a rendere necessario il ballottaggio. In questo modo, scrive il gip, l’apporto della ‘ndrangheta, «che poteva contare e controllare il voto di circa 300 elettori», è diventato «decisivo per la vittoria dell’uno o altro schieramento e quindi per la designazione del sindac».

Aggiunge il gip che l’apporto della criminalità organizzata ha «consentito l’elezione di un sindaco che assicurasse al sodalizio criminale non solo appalti e commesse pubbliche, ma anche di entrare “fisicamente” nella giunta e di ampliare il proprio giro d’affari e influenze nelle attività economiche direttamente (o indirettamente) gestite e ciò con l’avallo delle istituzione anche sopracomunali o con il connivente silenzio di non penale rilevanza ma di certa censura».

 

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