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L’Ue usa l’arma dei dazi contro il grano russo per sganciarsi dalla dipendenza dalla Russia ma l’operazione farà lievitare i prezzi fino a +148 euro a tonnellata


L’Unione europea sbarra le porte al grano russo. Dopo il gas è partito lo sganciamento anche per le commodity agricole. La proposta annunciata nei giorni scorsi, ieri è stata formalizzata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in occasione del Consiglio agricolo europeo che ha dedicato la seconda giornata dei lavori all’agricoltura. Ed è subito operativa. La leva azionata è quella dei dazi per i prodotti importati da Russia e Bielorussia che provocheranno un aumento medio di 95 euro a tonnellata o ad valorem del 50% per arrivare al massimo di 148 euro/tonn per il grano duro.
La manovra dovrebbe far esplodere i prezzi del grano russo per scoraggiarne così le importazioni. Oltre al prezioso cereale lo stop riguarda anche semi oleosi, mais e derivati.
Secondo il vicepresidente dell’esecutivo Ue, Valdis Dombrovskis, si “renderanno le importazioni di questi prodotti commercialmente inattuabili”.

TRE GLI OBIETTIVI PERSEGUITI DA BRUXELLES

Tre gli obiettivi perseguiti da Bruxelles: prevenire la destabilizzazione del mercato dell’Ue, poiché gli agricoltori avevano denunciato questo rischio per l’aumento esponenziale delle esportazioni di prodotti alimentari russi utilizzati anche come strumento geopolitico; contrastare le esportazioni di cereali ottenuti illegalmente con sequestri di grano prodotto in Ucraina ed etichettato poi come russo e infine impedire alla Russia di utilizzare i proventi delle esportazioni verso l’Ue per finanziare la sua guerra contro l’Ucraina.

Gli incassi ottenuti dalle spedizioni nei mercati dei “27” sono considerevoli. Nel 2023 infatti l’export ha raggiunto 4,2 milioni di tonnellate di cereali, semi oleosi e prodotti derivati per un valore di 1,3 miliardi. “Proponiamo l’imposizione di tariffe sulle importazioni russe – ha spiegato von der Leyen – per mitigare il rischio crescente per i nostri mercati e i nostri agricoltori. Ridurranno la capacità della Russia di sfruttare l’Ue a vantaggio della sua macchina da guerra”.

LA POLITICA DI DAZI SUL GRANO RUSSO DELL’UE NON AVRA EFFETTI PER I MERCATI TERZI

Non ci saranno invece ripercussioni sui prodotti per i mercati terzi, poiché la Ue è impegnata a “preservare la sicurezza alimentare globale, soprattutto per i paesi in via di sviluppo”. La Commissione ha stimato che grazie ai dazi si otterrà un taglio delle importazioni di quasi 5 milioni di tonnellate dai due Paesi. E il “buco” sarà coperto con la produzione interna e con il ricorso ad altri partner commerciali. Buona notizia per il nostro Paese che, secondo i dati aggiornati a fine anno dall’Osservatorio strategico di Coldiretti, nel 2023 ha acquistato 445 milioni di chilogrammo di frumento duro da Mosca, pari ad oltre il 10% delle spedizioni russe nel mercato della Ue, con un aumento record del 1013%.

Particolarmente soddisfatto l’europarlamentare, Paolo De Castro, che nell’ultima plenaria del Parlamento europeo, la settimana scorsa, aveva sollecitato un atto di coraggio della Commissione con un intervento forte sugli acquisti da Mosca. Il malessere degli agricoltori che hanno visto crollare le quotazioni dei cereali aveva portato a mettere sotto accusa le produzioni ucraine. Anche su quel fronte qualcosa si è fatto, dal pollame al miele, ma la stretta non è stata estesa ai cereali.

BISOGNA EVITARE EVENTUALI TRIANGOLAZIONI

Per De Castro di più non si può chiedere a un Paese che vive sotto i bombardamenti, invece era giusto spostare il tiro su Mosca “perché è il forte aumento del grano russo che sta massacrando i nostri agricoltori, e penso in particolare a quelli del Sud, della Puglia. Siamo passati in Italia dagli acquisti di 37mila tonnellate a oltre 400mila, praticamente dieci volte di più che hanno tagliato del 60% le quotazioni nazionali. E ora i nostri produttori sono davvero alla canna del gas”. E comunque De Castro è convinto che l’assenza del grano nel “pacchetto ucraino” sarà in parte compensato dalla misura adottata nei confronti della Russia e qualche segnale di recupero dei listini si potrà vedere già entro un paio di settimane.

La strada a questo punto è segnata, anche se – dice De Castro – non bisogna abbassare la guardia per evitare eventuali triangolazioni. C’è per esempio la Turchia che ha fortemente rafforzato le spedizioni di grano in Italia (quasi +800% sul 2022). Da quel Paese potrebbero passare produzioni provenienti dal mercato russo. Non si può non ricordare che il premier Recep Tayyip Erdogan ha svolto un ruolo di mediazione di primo piano nell’apertura di corridoi nel Mar Nero per il passaggio delle commodity agricole avviate (ufficialmente) verso i Paesi più poveri. E dunque l’impennata di import turco in Italia qualche sospetto lo suscita. Nell’analisi “Mari in Tempesta” il Centro Studi Divulga ha infatti segnalato l’exploit di import di grano duro dovuto anche alla Turchia divenuta il secondo fornitore del nostro Paese.

NON SOLO LA POLITICA DEI DAZI SUL GRANO RUSSO, L’UE APPROVA ANCHE DIVERSE ALTRE MISURE

Un’accelerazione, secondo Divulga, iniziata da luglio “da quel momento su un totale complessivo di 1,1 milioni di tonnellate di grano duro importate in Italia da Paesi extra europei (81% delle importazioni complessive europee), il prodotto turco rappresenta il 37% mentre quello russo il 31,4%”. Una vera invasione che a gennaio di quest’anno ha portato a perdite di 70 euro a tonnellata rispetto ai listini dello stesso periodo del 2023. Ma oltre al risultato sul grano l’agricoltura europea al Consiglio Ue ha portato a casa anche il via libera alle semplificazioni della condizionalità ambientale, alla eliminazione dell’obbligo di tenere a riposo una quota di terreni (4 milioni di ettari per l’Italia), alle misure sui redditi e al contrasto alla concorrenza sleale.

Un importantissimo passo in avanti – ha commentato il presidente del Consiglio Giorgia Meloni – è il riferimento alla proroga degli aiuti di Stato in campo agricolo, una delle principali rivendicazioni poste dalle associazioni di categoria. La premier ha sottolineato come la misura sia entrata nelle conclusioni “grazie a un nostro impulso”.

Apprezzata dalla Coldiretti la maggiore flessibilità sugli aiuti di Stato finalizzati – ha dichiarato il presidente Ettore Prandini – al superamento del de minimis per poter attuare la moratoria dei debiti necessaria alle imprese agricole per fronteggiare le difficoltà che stanno vivendo. L’amministratore delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, ha giudicato positivamente la semplificazione delle misure di condizionalità ambientale della Politica agricola comune: “Si comincia a capire che nessuna misura di condizionalità ambientale deve aumentare il rischio di insicurezza alimentare globale in un momento geopolitico così difficile”.


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