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di BIAGIO SIMONETTA
Rapita, picchiata, violentata e segregata per venti giorni. Poi, grazie all’aiuto di un disabile, la fuga dalla baracca dell’orrore, la denuncia, la fine di un incubo. E’ successo a Cosenza, nell’indifferenza collettiva. Un dramma disumano che una donna rumena di 44 anni ha vissuto sulla sua pelle attimo dopo attimo, violenza dopo violenza. Quasi fosse un animale.
Tutto ha inizio il 5 febbraio scorso. La rumena fa la badante in una famiglia di San Benedetto Ullano, piccolo paese della provincia. Nel giorno libero si reca a Cosenza per poter spedire dei soldi a casa e per passare qualche ora in compagnia delle sue connazionali.
La zona dell’autostazione è quella più frequentata dai cittadini dell’est. Ma è proprio lì che comincia il dramma. La donna attende il pullman per ritornare a San Benedetto, quando un marocchino, Said Echi Chercki, 36 anni (nella foto) ubriaco e senza ragione, la minaccia con un coltello: prima le sottrae il cellulare e 50 euro, poi la costringe a seguirlo. Il tutto nell’indifferenza generale.
Nonostante la tanta gente presente su via delle Medaglie D’Oro, nessuno vede. Nessuno parla.
Comincia l’incubo. L’uomo trascina la rumena in un capannone in disuso, nella zona di via Popilia. Lo stesso che tempo fa venne occupato dai no-global. Un posto squallido dove dimora gente ai margini: extracomunitari, spesso clandestini. Qui dentro la violenta ripetutamente e la malmena per più giorni. Quando lui, durante il giorno, deve uscire, la lega affinché non scappi. E ogni volta che lei prova a fuggire sono dolori.
Una storia agghiacciante. Ma non è finita. Quando Said Echi Chercki, dopo dieci giorni, decide di far rivedere il sole alla donna, entra in scena l’altro orco: Marin Tanase, 34 anni, rumeno già raggiunto da un ordine di espulsione. I due sono di nuovo nelle zone dell’autostazione quando Marin vede la connazionale in compagnia di Said e decide di intervenire per liberarla. Il marocchino cede. Per la rumena sembra la fine dell’incubo. E invece è solo l’inizio della seconda scena di un copione già visto. Marin non è il principe azzurro.
La quarantaquattrenne viene nuovamente trascinata con la forza. Questa volta il luogo dell’orrore diventa la parte sottostante del ponte Europa, a Gergeri. Un posto dove alcuni cittadini dell’est vivono in condizioni disumane.
Anche qui viene violentata e picchiata ripetutamente.
E anche qui, quando Marin esce, viene legata. Ma c’è un animo buono in questo posto da orchi: il fratello di Marin, un disabile che ha fatto di quelle lamiere fetide la sua abitazione. Mentre il rumeno è in città, magari a bere, il fratello aiuta la donna che riesce a scappare. Ora l’incubo è finito davvero.
La rumena si presenta alla caserma dei carabinieri “Paolo Grippo” mentre su Cosenza cala un freddo tramonto. Al citofono, i militari avvertono un lamento. La donna, dopo venti giorni di violenza, ha il viso tumefatto.
E’ in condizioni disumane. Le hanno strappato anche i capelli.
Il maresciallo Cosimo Saponangelo ascolta con attenzione il racconto terrificante, e nel frattempo avverte il 118. Saranno i sanitari dell’ospedale dell’Annunziata a prestarle le cure del caso. Il tutto mentre i carabinieri danno inizio alla ricerca dei due extracomunitari. La prima tappa è al ponte di Gergeri. Ma lì Marin non c’è. Il fratello disabile racconta ai militari che solitamente torna intorno alle 20.
Il marocchino Said, invece, è nel “suo” capannone. I carabinieri lo ammanettano e ritrovano lì dentro il coltello con la quale la donna è stata minacciata, il cellulare e i pantaloni strappati.
Il rumeno viene intercettato e ammanettato qualche minuto dopo in una villetta comunale su via XXIV Maggio, mentre in compagnia di altri connazionali beveva del whiskey. Quasi ci fosse qualcosa da festeggiare.

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