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Di GIOVANNI VERDUCI
Non è stato attaccato nemmeno un chiodo, né una colata di cemento è stata gettata, ma il Ponte sullo Stretto di Messina è già l’opera pubblica più controllata. Il gruppo interforze istituito dalla Prefettura di Reggio Calabria, che mette insieme le massime espressioni investigative di Carabinieri, Guardia di finanza e polizia di Stato, ha già allargato le proprie competenze su un cantiere che, nelle prospettive del governo Berlusconi, dovrebbe registrare la propria apertura fra un anno.
Su questo aspetto il prefetto Francesco Musolino non ha intenzione di fare nemmeno un passo indietro, è troppo alto infatti, il rischio di infiltrazioni mafiose nella realizzazione della mega infrastruttura viaria. Gli “ispettori” del gruppo interforze passeranno al setaccio ogni più piccolo particolare e, per non trovare il minimo impiccio alla loro azione, si avvarranno di uno strumento già collaudato: un protocollo d’intesa con le aziende che scenderanno in Calabria per lavorare al Ponte sullo Stretto, un atto che le renderà delle case di vetro. Di suo l’operazione non è assolutamente nuova.
Il gruppo interforze, che si occuperà degli appalti fra Scilla e Cariddi, sta già operando da tempo nel territorio della provincia di Reggio Calabria. Gli investigatori dei Carabinieri, della Guardia di finanza e della polizia di Stato da diversi mesi stanno portando avanti un monitoraggio costante ed approfondito presso i cantieri aperti per l’ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria e della Strada statale 106.
Con cadenza periodica, sulla base di una mappa di interventi disposta a priori, si recano sui posti di lavoro delle varie aziende aggiudicatarie degli appalti per effettuare controlli sul personale al lavoro e, soprattutto, sulla bontà dei materiali utilizzati per la realizzazione dell’opera. L’esperienza, comunque, non è del tutto nuova. Negli anni passati, infatti, la Questura di Reggio Calabria aveva già istituito un proprio gruppo per il controllo di tutto quello che era attinente alla vicenda del Ponte sullo Stretto. Oggi, però, si è fatto un passo avanti, un passo importante per la realizzazione di un controllo più pregnante sugli affari della mala: si è scelto di mettere in rete tutte le esperienze.
La storia, anche giudiziaria, dei più grandi cantieri aperti sul territorio della provincia di Reggio Calabria dimostra la “grande attenzione” riposta dalla cosche della ‘ndrangheta al controllo dei lavori pubblici. Se le famiglie non riescono ad entrare direttamente in cantiere e solo perché hanno già stretto accordi con le grandi aziende che dal nord Italia scendo in Calabria per la realizzazione dell’opera.
Si paga un piccolo “obolo assicurativo” ed il gioco è fatto: i cantieri sono sicuri. La realizzazione del Ponte sullo Stretto non lascia indifferenti i grandi boss reggini. Le cosche, da anni, stanno ragionando sulla spartizione del “bottino”. L’occasione è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire, ora è tempo di diplomazia. Questo processo non è sfuggito agli investigatori ed ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che, da tempo, analizzano i mutamenti della ‘ndrangheta e stanno cercando di anticiparne le mosse.

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