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di MARIO CASALINUOVO

In premessa, riporto sommariamente i nuovi dati sulla sicurezza stradale, diffusi nei giorni scorsi, per chi non avesse avuto occasione di leggerli. Anche se nel 2008, per tutte le innovazioni relative ai conduttori e ai controlli, il numero degli incidenti è diminuito con la conseguente riduzione dei casi mortali, i dati sono sempre impressionanti. Nel 2005, i morti sono stati 5.318; nel 2006, 4.709; nel 2007 4.620. Tra il 2002 e il 2007 la percentuale delle vittime tra i 21 ed i 29 anni è del 23% (tra i 40 e i 49 anni è del 13% e tra i 50 e i 59 anni è del 9,5%). Gli incidenti sono la causa principale della morte per i giovani di quella età. La circolazione stradale, dovunque, negli ultimi anni è stata in forte aumento. Ora, in questo periodo in cui la crisi economica attanaglia il mondo intero, diminuisce la vendita dei “motori” e le industrie che ne rimangono particolarmente colpite invocano ed ottengono l’aiuto dello Stato. Forse, non è fuor di posto una parentesi che poggia certo su una mia personale convinzione ma che riguarda un “fatto” che non può davvero essere mentito. Nella seconda metà del secolo scorso, con le tante innovazioni dovute ad un progresso che mai prima si era rivelato in tale misura, la motorizzazione ha avuto certamente un incredibile balzo in avanti al punto da determinare la modificazione del sistema di vita dappertutto, dalle grandi città ai più sperduti villaggi: il sistema di vita dei singoli e delle famiglie, incidendo paurosamente sulla società. Chi ha vissuto gli anni dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, come chi scrive, può esserne fedele testimone. Non ci sono più momenti di sosta e di riflessione. E, complessivamente, il “moto perpetuo” non ha giovato.
La società intera è stata quasi colta di sorpresa ed è stata del tutto impreparata ad affrontarne le conseguenze. E si badi: l’Italia ha uno dei più alti tassi europei di motorizzazione: 581 auto per 1000 abitanti e, quindi, più della Germania (546) e della Francia (491). “Ma in parallelo”, sempre per Eurostat, “è in cima anche alla classifica delle persone uccise in incidenti stradali: 5.670 nel 2006 contro i 5.100 tedeschi. Fino a pochi anni fa Francia e Germania superavano abbondantemente l’Italia, ma tra il 2003 e il 2006 la situazione si è ribaltata: mentre sulle strade dei primi due Paesi la riduzione è stata drastica, su quelle italiane il calo non è stato altrettanto rapido”. Ma, si badi, è fuorviante giustificare come spesso avviene, le classifiche ora indicate con le pessime condizione di buona parte delle nostre strade, specialmente qui da noi in Calabria. Perché le condizioni delle strade i conduttori le conoscono ed è necessaria, quindi, maggiore accortezza e maggiore prudenza. Soltanto dalle frane sull’autostrada non ci si può salvare come, purtroppo, è accaduto in questo rigidissimo inverno a due miei carissimi concittadini. Quante cose ancora da fare: altro che Ponte sullo Stretto!
Ed allora? L’allarme deve squillare sempre di più perché appare evidente che quanto si è fatto fino ad oggi non basta ed è stato del tutto insufficiente. Un dato a proposito è quanto mai significativo e mi ha profondamente sorpreso: la scarsa conoscenza del codice della strada. Il 55% degli italiani ha dato risposte scorrette sulle norme vigenti, superati soltanto dalla Spagna con il 59%. Al 18% è la Germania; al 49% la Francia; al 40% la Gran Bretagna. In testa alla competenza stradale, gli sloveni: solo il 6% di errori (dal Corsera del 6 marzo 2009).
Per sottolineare ancora la gravità della situazione basta ricordare alcuni degli incidenti più recenti. Il primo è il caso del conduttore di un motociclo che ha sorpassato a destra un autobus fermo alle strisce pedonali e ucciso in pieno centro a Milano una ragazza di ventitré anni, studentessa al quarto anno di giurisprudenza, calabrese. Il magistrato gli ha contestato l’omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento e lo ha mandato agli arresti domiciliari. Il protagonista, si pensi, è già l’autore di altri cinque precedenti incidenti stradali negli ultimi sette anni e già raggiunto da due multe per passaggio col semaforo rosso e per uso del telefonino alla guida del suo motociclo.
Il secondo caso è quello del conduttore di una macchina che travolse a Roma in un crocevia i due fidanzatini che transitavano con il loro scooter nel pieno rispetto delle regole. Da ricordare anche perché al colpevole si contestò l’omicidio volontario sotto il profilo del “dolo eventuale” che consiste nella rappresentazione dell’evento e della sua accettazione anche se non espressamente voluto. E la contestazione fu poi tenuta ferma dal Tribunale di Roma in sede di giudizio e fu irrogata una pena esemplare. A proposito, è opportuno aver presente che, con la prossima riforma della legislazione penale, sarà opportunamente rivista la teoria del dolo in maniera da poter inquadrare in essa anche i più gravi incidenti stradali.
Il testo della riforma del codice penale, predisposto dalla commissione ministeriale presieduta dal prof. Giuliano Pisapia, sarà portata prossimamente all’esame del Parlamento. Il terzo è quello, recentissimo, della ragazza romana travolta, investita alle spalle, mentre a tarda sera tornava nella sua casa e del colpevole che si è dato alla fuga senza fermarsi per soccorrerla.
Ma, intanto, è necessario tornare ancora e decisamente sul problema della prevenzione: se è vero che le nuove misure adottate in tema di circolazione stradale hanno portato alla riduzione degli incidenti, è pur vero che esse non bastano e debbono essere rafforzate. Sarebbe, a mio parere, anzitutto necessario ritardare l’età del conseguimento della patente, considerando che il maggior numero degli incidenti viene provocato dalla velocità dei giovanissimi; e, poi, deve essere disposta un’attenta attività di controllo delle scuole guida, perché spesso i cosiddetti istruttori non sono assolutamente in grado di soddisfare le esigenze delle particolari responsabilità loro conferite. Ed ovviamente gli esami per il conseguimento della patente debbono essere caratterizzati dal massimo rigore, visto che non pare che sia così se i dati riportati nella nostra premessa costituiscono, per l’Italia, pessimi e preoccupanti risultati. In conclusione, il problema non è da poco e deve rimanere costantemente all’ordine del giorno per la salvezza di tante vite umane.

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