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La procura de L’Aquila, che indaga sui crolli del terremoto, ha stilato un primo elenco di una ventina di costruttori da interrogare nelle prossime ore. Si tratta di coloro che hanno realizzato gli immobili sottoposti a sequestro.
Gli interrogatori prenderanno il via una volta acquisiti tutti i documenti utili a ricostruire la «vita» degli edifici e non appena saranno pronti i primi risultati delle perizie sui reperti sequestrati, in modo da poter muovere contestazioni specifiche.
Intanto, il fascicolo degli inquirenti si ingrossa degli esposti dei cittadini. Tra loro anche quello di una ragazza originaria di Cosenza scampata al terribile sisma del 6 aprile scorso. «Ho deciso di aderire per avere giustizia – spiega Marilena Faragasso – C’erano tante cose che non andavano e sono state prese alla leggera. Quanto da noi denunciato doveva costituire un campanello d’allarme, ma nessuno ci ha ascoltati». Quella notte Marilena dormiva nella casa dello studente e si è salvata scendendo in strada con un gruppo di giovani che si sono aiutati a vicenda. La giovane ha aderito a un comitato composto da ottanta ragazzi ospiti della struttura, «Casa dello studente parte civile».
Numerose denunce, secondo quanto si è appreso, riguardano case costruite in cemento armato che sono crollate mentre altre, lì vicino, non hanno fatto una piega, o anche edifici regolarmente collaudati eppure lesionati in modo tale da renderli del tutto inagibili. Molto spesso, questi esposti sono corredati da foto e filmati di come era l’immobile prima del terremoto e, in alcuni casi, anche delle fasi di costruzione. Accanto a questi, ci sono poi quei cittadini che hanno perso dei parenti nei crolli e che, durante il lungo sciame sismico che ha preceduto il terremoto, avevano ricevuto più di una segnalazione di allarme da parte dei loro cari. Segnalazioni alle quali erano seguite altrettante rassicurazioni da parte di soggetti che vengano puntualmente indicati. Sono esposti, questi ultimi, carichi di rabbia per «una tragedia che si poteva evitare».

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