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IL MESSAGGIO è stato chiaro e diretto (“Orgogliosi di non essere come voi, il Potenza siamo noi”, a firma Lions). Era diretto all’intera comunità potentina che non è stata capace di presentare un panorama calcistico migliore di quello esibito a Macchia Giocoli. Comunità nella quale i supporter non si identificano.
Fatto sta che, conti alla mano, facilmente si è superata la soglia dei 99 accessi a Macchia Giocoli. Tanto che c’è stato anche un attimo di tentennamento sull’autorizzare o meno la disputa del match. Ufficialmente l’Atletico Potenza ha staccato 47 tagliandi, ma si arrivava a contare 116 persone presenti qualche minuto prima del match. Poi, all’arrivo del gruppo nato da poco (appunto, i Lions), le forze dell’ordine non hanno voluto intercedere. Nonostante l’apparenza, ossia una calma e una beatitudine sugli spalti da sfida tra scapoli e ammogliati, tutti fuori, coloro i quali avrebbero fatto aumentare di almeno una sessantina di unità i presenti. E così all’uscita di uno faceva da contraltare l’ingresso di un altro. Non proprio il massimo della vita, tanto che in molti, per evitare inutili dinieghi, si sono piazzati sulla strada che dà verso la contrada Cerreta e hanno assistito al match.
Oddio, per quello che era possibile, in quanto nonostante una comunicazione scritta da parte dell’assessore allo sport Peppino Ginefra ad innaffiare il terreno di gioco, nessun tentativo in tal senso è stato esperito. E così il “catino” è diventato una polveriera, ma non certo per i bollenti spiriti dei tifosi presenti, molti dei quali (presumibilmente amici e parenti), muniti anche di macchina fotografica. Polveriera nel vero senso della parola: nubi ripetute di polvere che hanno reso certamente più “nostrana” l’atmosfera che si respirerà di qui al prossimo futuro. Sul campo è finita 1-1 (Damiano per lo Sport Club, Albanese per l’Atletico) con le immancabili polemiche su arbitraggio (contestato da entrambe) e fair play (la rete dell’1-1 segnata con un giocatore a terra). Ma tant’è: è solo cronaca sbiadita di un pomeriggio che non avremmo voluto vivere.

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