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di GIOVANNI VERDUCI
La consegna del silenzio è la prima regola della ’ndrangheta. Le cosche non “vogliono essere parlate”. L’omertà è norma, chi la infrange è un infame, un traditore, un reietto, uno che dà fastido e deve essere prima intimidito, poi isolato e, se non bastasse, messo a tacere. La storia delle cose di mafia ci lascia un insegnamento preciso. Prima ti soffiano un consiglio all’orecchio, poi ti arriva una lettera, dopo i proiettili, magari ti bruciano la macchina, ti mettono pressione perché vogliono metterti paura, alla fine ti fanno il vuoto attorno o provano a screditarti. La ‘ndrangheta vuole il silenzio, vuole toglierci ogni libertà anche quella di parlare, di raccontare alla gente il volto buio di questi uomini del disonore.
Se scrivi sei un giornalista infame, se rompi il silenzio attorno agli affari delle cosche sei un giornalista infame e fastidioso. Non è facile fare questo lavoro in terra di Calabria, ogni giorno sono tante le pressioni esterne alle quali si deve avere la forza ed il coraggio di resistere. Fare il giornalista nella Locride, così come a Reggio Calabria o a Cosenza, è un servizio.
Con il nostro lavoro serio, scrupoloso e professionale siamo diventati un punto di riferimento per la società civile della Locride e dell’intera provincia reggina. Le notizie abbiamo scelto di darle tutte, senza tenerne nemmeno una dentro il cassetto, le abbiamo sempre verificate con scrupolo e scritte con rispetto e passione; sicuri di rendere un servizio utile alla nostra comunità per rompere il gioco opprimente che frena lo sviluppo di questa terra. Non ci siamo mai fermati, né quando questo giogo era nelle mani delle cosche o quando era tenuto in pugno da quei pezzi di istituzioni e di società che alle ‘ndrine si sono venduti.
Il nostro obiettivo è quello di riuscire a “regalare” un pezzo della nostra libertà a coloro che ci leggono e anche a chi ha scelto di non farlo. Siamo convinti dell’utilità del nostro lavoro, le intimidazioni subite in questi ultimi dodici mesi ci preoccupano, non ci spaventano e ci fanno capire che la strada intrapresa è quella giusta. Non siamo eroi, né speriamo di diventarlo, ma vogliamo fare il nostro lavoro con spirito di servizio e senza condizionamenti.
Diremo sempre no alla ‘ndrangheta. Lo faremo in piazza il prossimo 25 settembre, continueremo a farlo ogni giorno al lavoro, in famiglia o con gli amici per le strade della Locride. Solleciteremo le istituzioni locali a voltare pagina, a rinnegare le collusioni, ad evitare i tentennamenti e tenere la schiena dritta e la testa alta davanti ai boss o ai loro picciotti. Stimoleremo i sindaci dei comuni di questo territorio, che proprio ieri si sono detti pronti a scendere in piazza per alzare una diga di legalità contro le cosche, a non demordere sul percorso difficile del riscatto e della rinascita sociale, culturale, economico e civile di questo territorio.
La Locride non è tutta ‘ndranghetista. Diremo no alla ‘ndrangheta e lo faremo anche a San Luca, un paese da sempre al centro delle cronache giudiziarie, fra le cui viuzze si nascondono gli scribacchini delle cosche così tanto infastiditi dal lavoro di Ferdinando Piccolo, dei colleghi della redazione di Siderno e di quelli del Quotidiano della Calabria. Proveremo ad accendere su quel piccolo centro le luci della verità e della libertà, lo faremo tutti insieme senza paura, convinti che la maggioranza dei sanluchesi – che amano il loro paese e ne sognano un riscatto sociale – sarà dalla nostra parte.

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