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«Tocca a noi», dicono i grillini quando provano a spiegare le ragioni della vittoria anche «nel feudo di Emilio Colombo». Dicono «tocca a noi» e spiegano che adesso in parlamento ci andranno «due portavoce del movimento», altro che onorevoli. 

 Nel documento con cui hanno diffuso la loro analisi del voto in Basilicata ribadiscono che «è finito il tempo della delega, ed è iniziato il tempo in cui il potere torna al popolo». Nonostante spesso ricorrano a parole non di uso comune – decrescita, per esempio, tra i punti del programma – riescono a utilizzarle con toni coinvolgenti. Quelle stesse parole, utilizzate da chi in politica ci sta da più tempo, perdono smalto. 

Prima di entrare nel dettaglio degli argomenti e delle posizioni – diciamolo, in questa campagna elettorale di programmi non si è parlato – è il modo di raccontarli che permette al Movimento 5 Stelle di costruire senso di comunità. I grillini sono stati capaci di dare una risposta – non giusta o sbagliata, ma una risposta – al bisogno di sentirsi parte della scelta. È vero, come lamentavano in molti dai partiti, che fare campagna elettorale in inverno non è facile. Non si era mai visto un voto con le temperature tanto rigide da non invogliare la sosta in piazza. Eppure i grillini in piazza ci sono stati. E le hanno riempite. Anche a quelle temperature. Anche quando la piazza è piazza Polmonite, a Potenza, quella in cui ci si ammala anche d’estate. 

I militanti e i candidati di M5S, andando spesso oltre i contenuti urlati del leader Beppe Grillo, sono riusciti a costruire piccoli fash-mob di partecipazione. Hanno costruito la campagna elettorale rispondendo al bisogno di protagonismo dei cittadini. Al di là del giudizio politico sui contenuti, a differenza di altri, hanno offerto un percorso di partecipazione alla vittoria (e quindi al cambiamento). Senza contare che quella partecipazione è reale. 

Quando la raccontano, non fanno che riprendere una modalità di vicinanza con gli elettori/cittadini molto concreta. «I cittadini – spiegano – ci hanno donato qualche euro in cambio di una spilletta, ci hanno offerto il locale per la nostra sede, la stufetta per scaldarla, ci hanno affisso gratuitamente i manifesti». I cittadini hanno prestato l’Apecar per il comizio di Beppe Grillo, o hanno fornito il generatore elettrico. Hanno preparato pizze e rustici per allestire una cena elettorale. «Ci hanno dato sorrisi e si sono avvicinati per lamentarsi della cittá e proporre soluzioni, hanno organizzato incontri in tutti i paesi della regione, hanno girato, montato e visto i nostri video, ci hanno offerto un caffè (loro a noi), ci hanno dato un passaggio quando abbiamo forato, ci hanno dato pacche sulle spalle per non mollare e qualcun altro scappellotti perchè siamo troppo irriverenti». 
È il racconto di una quotidiana vicinanza, quello che sono riusciti a costruire. È il racconto che, invece, è mancato alla classe dirigente locale. 

Il Pd, come altre sigle, in tutti gli schieramenti, non ha organizzato un comizio, ha scelto stanze chiuse, incontri ristretti a singole categorie produttive. Al massimo ha riempito di militanti grandi sale (ma chi ha la tessera vota per scelta, non andava convinto). 
I dirigenti locali, non solo del Pd, che hanno pensato di parlare ai cittadini attraverso comunicati stampa o qualche sparuto messaggio sui social network hanno usato, nella maggior parte dei casi, un linguaggio freddo. Parole d’ordine che oggi – purtroppo, certo – sembrano aver perso il senso di cui erano dense. Una città «baluardo del Sud» sicuramente sa di Europa: ma i cittadini si affezionano a questo linguaggio? «La politica si faccia interprete dei bisogni», chiaro. Ma non funziona di più quel «adesso tocca a noi» usato dai grillini cha accomuna elettori a eletti e li fa sentire un po’ squadra? 

Il presidente della Regione, Vito De Filippo, durante lo spoglio di lunedì, ha commentato: «La Basilicata, anche in questo clima di travolgimento generale, resta una delle regioni dove regge il rapporto di fiducia tra i cittadini e le storiche forze che li rappresentano». Ma la descrizione di quel rapporto di fiducia non sembra coerente con il clima percepito dalla gente. Ecco, il «radicamento nella società» (quante volte è tornato nelle interviste e nei tweet?) passa anche dal racconto di quel rapporto. I mezzi attraverso cui farlo sono un’altra parte del discorso. 

Le opportunità che la Rete mette a disposizione dei politici sono di vicinanza, di conoscenza, di relazione. In una regione dove l’Adsl ancora non c’è dappertutto, anche questa sembra un’occasione mancata. Dove invece l’accesso alla Rete c’è, la politica lucana – salvo sporadici casi – ancora non ha dimistichezza con linguaggi e regole nuove, della modernità. Twitter finisce per diventare un megafono, l’alternativa al vecchio comunicato stampa, che poi i giornali riprenderenno. E i cittadini? In genere, ora lo sappiamo, scelgono la proposta che sa restituire un racconto di partecipazione.

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