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di DONATO SPERDUTO
  Leggendo quanto si è detto ultimamente su Carlo Levi e la Basilicata, ho dovuto notare con grande rammarico che ancora adesso si tende a ignorare l’ultimo libro scritto dall’autore torinese che lo ricollega prepotentemente a Rocco Scotellaro e alla Lucania: Quaderno a cancelli. Ripercorriamo brevemente la storia dell’ultimo libro leviano. Nella prima metà del 1973, Levi scrisse, nel buio della cecità, il Quaderno a cancelli, pubblicato postumo da Einaudi nel 1979. Lo cominciò a redigere dopo il primo intervento all’occhio destro, del 1o febbraio 1973 nella clinica San Domenico, a Roma. Il 23 aprile 1973 Levi dovette rientrare in ospedale per sottoporsi ad un secondo intervento. L’ultima pagina del libro scritta nella clinica  San Domenico, dove Levi subì i due interventi chirurgici all’occhio destro, risale al 31 maggio 1973.
     La prima edizione del Quaderno a cancelli è stata curata da Aldo Marcovecchio che decifrò i fogli manoscritti insieme a Linuccia Saba, figlia del poeta triestino Umberto Saba e compagna di Levi. Il titolo del libro è dovuto al fatto che, per poter scrivere, Levi si servì di una speciale intelaiatura di fili di ferro, una specie di quaderno di legno a cerniera, munito di cordicelle tese tra le due sponde per guidare la mano. Ma l’espressione “quaderno a cancelli” risale in realtà a un lucan: a Rocco Scotellaro che, nella poesia Dedica a una bambina (1952), scrive: “Questo piccolo quaderno a cancelli / l’ho scritto per te di cui non parlo / per i tuoi occhi chiusi e i tuoi capelli / di cera, il naso che non può fiutarlo”. L’espressione “quaderno a cancelli” ha poi dato il titolo all’ultima sezione di poesie di È fatto giorno (1954), pubblicate a cura dello stesso Levi.
     Ora, l’edizione einaudiana del Quaderno a cancelli termina con una pagina scritta dall’autore torinese il 31 maggio 1973: si tratta dell’«ultima pagina scritta in clinica». Nella Nota al libro leviano, A. Marcovecchio parlò dell’esistenza di «un’appendice, di indubbio interesse, ma sostanzialmente allotria alla struttura del libro». In questo modo, Marcovecchio spiega perché insieme a Linuccia Saba venne deciso di non inserire detta “appendice” nell’edizione einaudiana del libro leviano, cioè di non pubblicarlo integralmente. 
      Consultando le Carte Carlo Levi custodite nell’Archivio Centrale dello Stato di Roma, ho potuto appurare che l’appendice in questione altro non è che la parte finale dell’ultimo libro di Carlo Levi, scritta subito dopo essersi nuovamente installato nella sua abitazione romana di Villa Strohl-Fern. La prima edizione del Quaderno a cancelli è monca, non completa. Sono purtroppo stati espunti i fogli che Levi ha scritto dal 1° giugno fino al 22 agosto 1973!   Quaderno a cancelli va considerato, come ha detto Giovanni Russo nel suo libro Carlo Levi segreto (2011), il “libro segreto” dello scrittore torinese. Segreto, perché manca un’edizione integrale di questo testo. Segreto, perché, se da un lato alla stesura del Quaderno a cancelli Levi  affiancò la realizzazione di almeno 145 disegni della cecità, l’edizione einaudiana non ne tenne conto. Segreto, infine, perché, al pari dell’ultimo libro scritto da d’Annunzio – intitolato proprio Libro segreto (1935) –, anch’esso va considerato il “libro della mente che viene meno”.  
    L’importanza delle pagine finali di questo libro leviano – che è sbagliato allora considerare semplicemente “appendice” – la si evince da una non trascurabile constatazione. In un brano redatto il 1° agosto 1973, che considero centrale per una valutazione dell’intera opera di Levi, l’acciaccato autore del celebre Cristo si è fermato a Eboli (1945) fa un elenco di ciò che ha contato nella formazione della sua vita: “Al risveglio, quasi felice, mi sembra di dover rispondere a una domanda su che cosa ha realmente contato (senza falsa vanagloria) nella formazione della mia vita. Faccio degli elenchi ragionati. Mi pare di rispondere con dei numeri. 1) Mia madre. 2) Il giardino delle cose (Via Bezzecca, l’altalena, il ribes). 3) L’amicizia con i giovani miei maestri e fratelli: Gobetti, fratello-padre e Rocco fratello-figlio. I vecchi, i grandi uomini che ho conosciuto e anche amato non mi hanno dato nulla o quasi nulla. 4) L’amore sessuale e fisico, come rivelatore del mondo e della libertà. 5) La Lucania, confino, come rivelatore degli altri e della libertà. 6) La pratica del dipingere (e anche dello scrivere) come scoperta ed esercizio della verità e della libertà. Infine mi resta la settima cosa. Potrei mettere un nome o dei nomi, ma non mi decido alla risposta.”       In particolare, è fondamentale – e non semplicemente naturale – che Levi citi il confino in Lucania di cui ha riferito nel Cristo e che, oltre a Gobetti, ricordi il poeta di Tricarico: non poteva essere altrimenti visto che il titolo “quaderno a cancelli” è dovuto al fratello-figlio Rocco Scotellaro. In questo elenco, Levi enumera valori e persone che hanno avuto un’importanza decisiva per la sua formazione. È allora ingiustificabile il fatto che questa pagina del “libro segreto” sia stata espunta dalla prima edizione del Quaderno a cancelli. Necessaria, come ho avuto modo di dire nel libro Armonie lontane (Aracne, 2013), una nuova edizione dell’ultimo libro leviano: ma finalmente integrale e commentata. Ed è sbagliato ritenere, come fa Giovanni Caserta, che quel libro non doveva essere pubblicato.
*saggista e docente
 

 Leggendo quanto si è detto ultimamente su Carlo Levi e la Basilicata, ho dovuto notare con grande rammarico che ancora adesso si tende a ignorare l’ultimo libro scritto dall’autore torinese che lo ricollega prepotentemente a Rocco Scotellaro e alla Lucania: Quaderno a cancelli. Ripercorriamo brevemente la storia dell’ultimo libro leviano. Nella prima metà del 1973, Levi scrisse, nel buio della cecità, il Quaderno a cancelli, pubblicato postumo da Einaudi nel 1979. 

Lo cominciò a redigere dopo il primo intervento all’occhio destro, del 1o febbraio 1973 nella clinica San Domenico, a Roma. Il 23 aprile 1973 Levi dovette rientrare in ospedale per sottoporsi ad un secondo intervento. L’ultima pagina del libro scritta nella clinica  San Domenico, dove Levi subì i due interventi chirurgici all’occhio destro, risale al 31 maggio 1973.    

 La prima edizione del Quaderno a cancelli è stata curata da Aldo Marcovecchio che decifrò i fogli manoscritti insieme a Linuccia Saba, figlia del poeta triestino Umberto Saba e compagna di Levi. Il titolo del libro è dovuto al fatto che, per poter scrivere, Levi si servì di una speciale intelaiatura di fili di ferro, una specie di quaderno di legno a cerniera, munito di cordicelle tese tra le due sponde per guidare la mano. Ma l’espressione “quaderno a cancelli” risale in realtà a un lucan: a Rocco Scotellaro che, nella poesia Dedica a una bambina (1952), scrive: “Questo piccolo quaderno a cancelli / l’ho scritto per te di cui non parlo / per i tuoi occhi chiusi e i tuoi capelli / di cera, il naso che non può fiutarlo”. 

L’espressione “quaderno a cancelli” ha poi dato il titolo all’ultima sezione di poesie di È fatto giorno (1954), pubblicate a cura dello stesso Levi.     Ora, l’edizione einaudiana del Quaderno a cancelli termina con una pagina scritta dall’autore torinese il 31 maggio 1973: si tratta dell’«ultima pagina scritta in clinica». 

Nella Nota al libro leviano, A. Marcovecchio parlò dell’esistenza di «un’appendice, di indubbio interesse, ma sostanzialmente allotria alla struttura del libro». In questo modo, Marcovecchio spiega perché insieme a Linuccia Saba venne deciso di non inserire detta “appendice” nell’edizione einaudiana del libro leviano, cioè di non pubblicarlo integralmente.       Consultando le Carte Carlo Levi custodite nell’Archivio Centrale dello Stato di Roma, ho potuto appurare che l’appendice in questione altro non è che la parte finale dell’ultimo libro di Carlo Levi, scritta subito dopo essersi nuovamente installato nella sua abitazione romana di Villa Strohl-Fern. La prima edizione del Quaderno a cancelli è monca, non completa. Sono purtroppo stati espunti i fogli che Levi ha scritto dal 1° giugno fino al 22 agosto 1973!   

Quaderno a cancelli va considerato, come ha detto Giovanni Russo nel suo libro Carlo Levi segreto (2011), il “libro segreto” dello scrittore torinese. Segreto, perché manca un’edizione integrale di questo testo. Segreto, perché, se da un lato alla stesura del Quaderno a cancelli Levi  affiancò la realizzazione di almeno 145 disegni della cecità, l’edizione einaudiana non ne tenne conto. Segreto, infine, perché, al pari dell’ultimo libro scritto da d’Annunzio – intitolato proprio Libro segreto (1935) –, anch’esso va considerato il “libro della mente che viene meno”.    

  L’importanza delle pagine finali di questo libro leviano – che è sbagliato allora considerare semplicemente “appendice” – la si evince da una non trascurabile constatazione. In un brano redatto il 1° agosto 1973, che considero centrale per una valutazione dell’intera opera di Levi, l’acciaccato autore del celebre Cristo si è fermato a Eboli (1945) fa un elenco di ciò che ha contato nella formazione della sua vita: “Al risveglio, quasi felice, mi sembra di dover rispondere a una domanda su che cosa ha realmente contato (senza falsa vanagloria) nella formazione della mia vita. Faccio degli elenchi ragionati. 

Mi pare di rispondere con dei numeri. 1) Mia madre. 2) Il giardino delle cose (Via Bezzecca, l’altalena, il ribes). 3) L’amicizia con i giovani miei maestri e fratelli: Gobetti, fratello-padre e Rocco fratello-figlio. I vecchi, i grandi uomini che ho conosciuto e anche amato non mi hanno dato nulla o quasi nulla. 4) L’amore sessuale e fisico, come rivelatore del mondo e della libertà. 5) La Lucania, confino, come rivelatore degli altri e della libertà. 6) La pratica del dipingere (e anche dello scrivere) come scoperta ed esercizio della verità e della libertà. Infine mi resta la settima cosa. Potrei mettere un nome o dei nomi, ma non mi decido alla risposta.”      

 In particolare, è fondamentale – e non semplicemente naturale – che Levi citi il confino in Lucania di cui ha riferito nel Cristo e che, oltre a Gobetti, ricordi il poeta di Tricarico: non poteva essere altrimenti visto che il titolo “quaderno a cancelli” è dovuto al fratello-figlio Rocco Scotellaro. In questo elenco, Levi enumera valori e persone che hanno avuto un’importanza decisiva per la sua formazione. È allora ingiustificabile il fatto che questa pagina del “libro segreto” sia stata espunta dalla prima edizione del Quaderno a cancelli. Necessaria, come ho avuto modo di dire nel libro Armonie lontane (Aracne, 2013), una nuova edizione dell’ultimo libro leviano: ma finalmente integrale e commentata. 

Ed è sbagliato ritenere, come fa Giovanni Caserta, che quel libro non doveva essere pubblicato.

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