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SI sono conclusi ieri pomeriggio gli interrogatori di garanzie per i destinatari dell’ordinanza di misure cautelari eseguita venerdì scorso nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti e le mazzette che ruotavano attorno all’imprenditore Bartolo Santoro. 
Tra gli ultimi che si sono presentati davanti al gip Rosa Larocca c’è stato l’ex assessore del Comune di Avigliano Emilio Colangelo, che nei giorni scorsi ha rassegnato le sue dimissioni anche come consigliere comunale. 
Colangelo si è avvalso della facoltà di non rispondere. 
Per lui l’accusa è di turbativa d’asta in relazione ai lavori di riqualificazione del campetto ai piedi del castello di Lagopesole, un appalto da 280mila euro e aggiudicato alla ditta di Bartolo Santoro.
Ad accendere i riflettori sulla “combine” sono stati i suoi stessi protagonisti intercettati dagli investigatori. 
«Io ho pigliato questo lavoro, diciamo grazie ad Emilio Colangelo e pure a Fiore (Rocco, ndr)». Queste sono state le parole di Santoro a un amico che hanno fatto partire le indagini nei confronti suoi, dell’assessore e dell capo dell’Ufficio tecnico. 
Santoro confessa l’accaduto anche alla fidanzata perplessa per la sua generosità nei confronti di Fiore e di Canio Romaniello, compagno di viaggio e assessore del Comune di Pietragalla, il giorno prima della loro trasferta tra il ludico e il politico in Toscana, per una convention renziana alla Leopolda di Firenze. 
«Perché comunque – le rivela – Rocco Fiore comunque mi ha dato un lavoro di 230mila euro, Canio me ne sta dando un altro da 120mila euro, quindi se ti cercano un piacere, tu ti devi mettere a disposizione…».
Altra stoffa l’assessore Emilio Colangelo che con lui aveva ripercorso com’erano andate le cose e l’imbeccata da parte sua al capo dell’ufficio tecnico per far fuori «le ditte del castello» e spianargli la strada.
A far emergere la presunta combine è stata in particolare una conversazione registrata il 15 ottobre del 2012 dalle microspie degli agenti della Mobile di Potenza.
«Rocco allora, noi dobbiamo fare in modo (ride)… Non dobbiamo accettare le ditte del castello». Così l’ assessore riferiva le sue pressioni sul capo dell’Ufficio tecnico (Fiore, ndr) per fargli avere un lavoro che in effetti s’era aggiudicato soltanto il mese prima. «Un modo per eliminare tutti che non ci possono dire niente domani».
In attesa di conoscere la decisione del gip sulle istanze di revoca delle misure cautelari avanzate anche sulla base di situazioni sopravvenute, come le dimissioni di Colangelo, le difese di diversi  degli indagati hanno già presentato ricorso al Riesame che dovrebbe affrontare la vicenda entro la metà di marzo.
l.amato@luedi.it

SI sono conclusi ieri pomeriggio gli interrogatori di garanzia per i destinatari dell’ordinanza di misure cautelari eseguita venerdì scorso nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti e le mazzette che ruotavano attorno all’imprenditore Bartolo Santoro. 

Tra gli ultimi che si sono presentati davanti al gip Rosa Larocca c’è stato l’ex assessore del Comune di Avigliano Emilio Colangelo, che nei giorni scorsi ha rassegnato le sue dimissioni anche come consigliere comunale. Colangelo si è avvalso della facoltà di non rispondere. 

Per lui l’accusa è di turbativa d’asta in relazione ai lavori di riqualificazione del campetto ai piedi del castello di Lagopesole, un appalto da 280mila euro e aggiudicato alla ditta di Bartolo Santoro.Ad accendere i riflettori sulla “combine” sono stati i suoi stessi protagonisti intercettati dagli investigatori. 

«Io ho pigliato questo lavoro, diciamo grazie ad Emilio Colangelo e pure a Fiore (Rocco, ndr)». Queste sono state le parole di Santoro a un amico che hanno fatto partire le indagini nei confronti suoi, dell’assessore e dell capo dell’Ufficio tecnico. Santoro confessa l’accaduto anche alla fidanzata perplessa per la sua generosità nei confronti di Fiore e di Canio Romaniello, compagno di viaggio e assessore del Comune di Pietragalla, il giorno prima della loro trasferta tra il ludico e il politico in Toscana, per una convention renziana alla Leopolda di Firenze. «Perché comunque – le rivela – Rocco Fiore comunque mi ha dato un lavoro di 230mila euro, Canio me ne sta dando un altro da 120mila euro, quindi se ti cercano un piacere, tu ti devi mettere a disposizione…».

Altra stoffa l’assessore Emilio Colangelo che con lui aveva ripercorso com’erano andate le cose e l’imbeccata da parte sua al capo dell’ufficio tecnico per far fuori «le ditte del castello» e spianargli la strada.A far emergere la presunta combine è stata in particolare una conversazione registrata il 15 ottobre del 2012 dalle microspie degli agenti della Mobile di Potenza.

«Rocco allora, noi dobbiamo fare in modo (ride)… Non dobbiamo accettare le ditte del castello». Così l’ assessore riferiva le sue pressioni sul capo dell’Ufficio tecnico (Fiore, ndr) per fargli avere un lavoro che in effetti s’era aggiudicato soltanto il mese prima. «Un modo per eliminare tutti che non ci possono dire niente domani».

In attesa di conoscere la decisione del gip sulle istanze di revoca delle misure cautelari avanzate anche sulla base di situazioni sopravvenute, come le dimissioni di Colangelo, le difese di diversi  degli indagati hanno già presentato ricorso al Riesame che dovrebbe affrontare la vicenda entro la metà di marzo.

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