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POTENZA – L’ideatore del piano sventato nel 2012 per i pm di Roma è Roberto Macori. Ma alle sue spalle ci sarebbe stato «un vecchio, un cristiano della politica». Così racconta a un amico Aniello “Daniele” Barbetta di ritorno a Rionero dalla capitale. Solo che il nome non lo fa, e non chiarisce nemmeno quale sarebbe stato il suo ruolo nel primo tentativo di sequestro di Silvio Fanella: il cassiere della “banda” Mokbel ucciso la scorsa settimana durante un tentativo di sequestro simile. Troppo simile.

Potrebbe esserci un secondo livello dietro i destinatari del fermo disposto ieri mattina dai pm di Roma Giuseppe Cascini e Paolo Ielo.

E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta dei carabinieri di Potenza ai comandi del capitano Antonio Milone, per cui a maggio sono stati spiccati 35 avvisi di conclusione delle indagini per altrettante persone considerate vicine al clan melfitano dei Cassotta.

L’INTERCETTAZIONE

L’indizio più evidente in questo senso è un’intercettazione effettuata nell’auto di Aniello “Daniele” Barbetta poche ore dopo il suo ritorno precipitoso in Basilicata, la notte tra il 29 e il 30 agosto del 2012, dopo che lui e i suoi complici si erano accorti dei carabinieri pronti a intervenire sotto casa del loro “bersaglio”.

«Questo qua è uno che lavora con un vecchio, con un cristiano della politica – spiega Barbetta ad Alberico “Coco” Bevilacqua – che questi qua hai visto (…) due anni fa è uscita una causa che hanno arrestati a tutti questi qua… questi tre milioni di euro… mo’ che è successo… uno della malavita, si è conservato un milione di euro… 300mila euro si è conservato, nella… in una terra… che questo qua, questo (…) che lavora sempre con questi qua… con sti cazzi di politici, lo sai, tiene tutte le chiavi, solo che non sanno precisamente il punto dove prenderli. Mo’ che è successo… questo qua ha chiamato… ha chiamato a ‘sti finanzieri… ha chiamato a quello a Rimini (Giovanni Plastino, ndr), siamo saliti io e Roman siamo saliti… sono saliti altri due da giù, comunque eravamo una squadra di quasi 10 persone… tutti per prendere a questo qua, che lo dovevamo prendere e portare in questa campagna qua».

L’INCONTRO

I numeri sono incerti, e qualche passaggio è criptico come se Barbetta non volesse dire tutto a Bevilacqua, che vorrebbe partecipare al colpo, e gli ricorda che «la mafia di Cocò e compa’ Rocco è più potente di tutti quanti». Gli chiede anche di parlare col suo contatto nella capitale, «che con compa’ Rocco siamo un nome e una garanzia se vai in Calabria». Allora Barbetta gli risponde di non conoscerlo («Io gli volevo lasciare il numero mio…»), e racconta di averlo incontrato soltanto all’ultimo: «Ma non lo sapevo manco a questo qua! (…) Alla fine si è fatto vedere questo qua che siamo andati a mangiare tutt’insieme a ristorante (…) perché ci hanno presentati all’inizio (…) ci siamo presentati all’inizio in garage».

Se si tratti di un tentativo di depistare l’“amico” per evitare di essere scavalcato non si capisce. Ma di certo nei nastri dei carabinieri la sosta a ristorante della sera precedente c’è, come pure la viva voce di Macori che fino a un’ora prima era in auto con Barbetta e l’avrebbe anche ospitato in mattinata a casa sua, assieme a Giovanni Plastino e agli altri membri della “squadra”, per pianificare i dettagli dell’operazione.

Per farla breve, l’uomo del ristorante e dell’incontro in garage non può essere in nessun modo lui.

L’IDENTIKIT

«Questo è un pezzo importante! Oh questo è andato sopra il giornale due anni fa!» Aggiunge ancora Barbetta in un altro punto della conversazione. «Pensa che i cristiani ne parlavano ancora tuttora mo’! Quando siamo andati nel ristorante… i cristiani stavano agli altri tavoli poi lo sono venuti a salutare! Delle persone che si vedevano che erano dei pezzi buoni… della catena alimentare! Dicevano: “Però quello che hai fatto tu due anni fa l’hai fatta proprio grande, hai veramente…” Il capo a tutta Roma per quanti soldi… Chi lo sa quanti cazzo di soldi hanno truffati! Che sarebbe quella truffa che hanno fatto a ‘sti politici qua … che però hanno messo tutti quanti dentro due anni fa! E questo era finito sopra i giornali». 

Il 23enne di Rionero non riesce ad essere più preciso ma a questo punto Bevilacqua dice di aver capito a chi si riferisce, e non c’è da dubitarne.  

Infatti proprio 2 anni prima sia Macori che Fanella erano stati arrestati nell’ambito dell’inchiesta soprannominata Phunecard-Broker sulla maxi-frode da 3 miliardi di euro orchestrata da Gennaro Mokbel ai danni di Telecom Sparkle e Fastweb. Un caso che aveva fatto parlare tutta Italia.

All’epoca, Macori e Fanella erano tra gli uomini più fidati dell’imprenditore “nero” a capo della “banda”. Ora resta solo da capire chi sia stato tra loro a tradire.

l.amato@luedi.it

 

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