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POTENZA – L’amico poliziotto dell’ex procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, in servizio al Ministero dell’interno, non avrebbe avuto remore a parlare del suo «impegno personale» per la nomina di Claudio Argentino come procuratore capo di Matera.

Lo ha ribadito, ieri mattina a Potenza, il pm Silvia Curione, oggi a Bari ma all’epoca dei fatti ancora in servizio a Trani, sentita come teste dell’accusa nel processo per tentata concussione, falso in atto pubblico e truffa aggravata a carico di Capristo, all’epoca a sua volta in servizio a Trani.

Il magistrato, che con la sua denuncia ha dato il “la” all’inchiesta nei confronti dell’ex procuratore, è stata sentita assieme al marito Lanfranco Marazia, anche lui pm di Bari, ma in precedenza in servizio a Taranto.
Quella di ieri è stata la prima udienza di vero e proprio dibattimento sugli elementi a sostegno dell’accusa all’ex procuratore.

Davanti al collegio del Tribunale presieduto da Rosario Baglioni, Curione e Marazia hanno ripercorso – rispondendo alle domande della pm Anna Gloria Piccininni e dei legali presenti in aula – le attività svolte nelle Procura di Trani e di Taranto, come pure il «clima» negli uffici e i rapporti con Capristo, presente in aula affianco ai suoi difensori, e le altre persone coinvolte nelle indagini.

Entrambi hanno spiegato di essere stati stimati da Capristo per un lungo periodo, fin quando i loro rapporti non hanno preso una piega inattesa. Svolta anticipata, in qualche modo, anche dall’incontro con l’amico del procuratore al Viminale, Filippo Paradiso, e da quei discorsi, giudicati fin troppo informati, sull’andamento della pratica al Consiglio superiore della magistratura, che ha premiato l’ex procuratore aggiunto di Taranto, Argentino, con la designazione alla guida dei pm materani.

Curione ha anche confermato di aver avvertito la pressione di Capristo il giorno che un altro poliziotto, l’ispettore Michele Scivittaro, che ha già patteggiato un anno e 10 mesi di reclusione, si è presentato nel suo ufficio.

L’ispettore, infatti, sarebbe stato noto per non muovere un passo senza il permesso del procuratore, e in quell’occasione le avrebbe sollecitato di procedere in sede penale, senza che ne ricorressero i presupposti, contro una persona che tre imprenditori di Bitonto, Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo, avevano «infondatamente denunciato per usura in loro danno».

A maggio dell’anno scorso Capristo, all’epoca ancora in servizio come procuratore capo a Taranto, era finito ai domiciliari come mandante di queste pressioni, ed è tornato in libertà ad agosto, dopo circa tre mesi agli arresti domiciliari e il prepensionamento dalla magistratura.
La prossima udienza si svolgerà il 16 giugno.

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