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I giudici della Consulta

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POTENZA – I primi due fratelli sono stati registrati col cognome della madre. Poi è arrivato il matrimonio tra lei e il padre, che nell’occasione ha anche riconosciuto i due figli, uno dei quali già grandicello. Così i due sposi hanno deciso di lasciare a entrambi soltanto il cognome di lei. E per non creare differenze tra fratelli avrebbero voluto fare lo stesso anche col terzo figlio, nato due anni dopo. Ma gli uffici comunali si sono opposti, concedendo soltanto l’iscrizione col doppio cognome.

È questo il caso di una giovane famiglia lucana, di cui non si fa il nome a tutela dei minori coinvolti, che martedì prossimo sarà discusso davanti ai giudici della Corte costituzionale.

A sottoporre la vicenda alla Consulta, a novembre dell’anno scorso, è stata la Corte d’appello di Potenza dichiarando «rilevante e non manifestamente infondata» la questione di legittimità costituzionale delle norme in materia, sollevata dall’avvocato Domenico Pittella (figlio del senatore e sindaco di Lauria, Gianni), che ha assistito i due coniugi in primo e secondo grado.

Il collegio presieduto da Rocco Pavese, e completato da Cataldo Collazzo e Mariadomenica Marchese, ha rovesciato la decisione sul tema pronunciata in primo grado, bocciando l’eccezione di incostituzionalità, e in finale a richiesta dei coniugi.

I magistrati potentini hanno evidenziato, invece, una potenziale incostituzionalità delle norme in questione laddove «non consentono ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, il solo cognome materno». A differenza di quanto concesso per la trasmissione del solo cognome paterno.

Una apparente disparità di trattamento che a detta di Pittella violerebbe principi costituzionali come il rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo, l’uguaglianza tra cittadini, e l’«uguaglianza morale e giuridica dei coniugi».

«Sono due i punti principali all’attenzione della Corte». Ha spiegato l’avvocato al Quotidiano. «Se non c’è accordo tra genitori occorre cancellare l’automatismo del cognome paterno, regola che contrasta con il principio di eguaglianza tra i genitori. Inoltre, nel caso in cui in una famiglia siano già presenti figli con il solo cognome materno o paterno, l’ultimo nato dovrebbe avere il medesimo cognome dei precedenti per il primario interesse a formare la sua identità in conformità ai fratelli e alle sorelle. Anche per questo i genitori dovrebbero poter dare il solo cognome paterno o materno». Dello stesso avviso anche l’avvocato Giampaolo Brienza che ha raccolto il testimone del collega e martedì prossimo sarà in aula a rappresentare i due giovani sposi lucani.

«Qui non siamo di fronte a un capriccio ma c’è un interesse serio da parte dei genitori all’unitarietà di un nucleo familiare rispetto alla prospettiva che due figli portino un cognome e il terzo ne porti un altro». Queste le parole di Brienza. «Né si può pensare che per mantenere questa unitarietà i figli più grandi debbano cambiare cognome, acquisendo quello del padre, perché ormai sono cresciuti e sono conosciuti con quello della madre. Sarebbe assurdo».

Tra le ragioni alla base della volontà di attribuire ai ragazzi il nome della madre, poi, c’è anche una circostanza specifica legata al fatto che nella comunità dove vive questa giovane coppia con i loro figli: «l’intera famiglia è conosciuta da sempre e da tutti con il solo cognome materno». Un cognome molto noto in tutta la Basilicata, a dire il vero, dal momento che ai tempi della Prima Repubblica il padre di lei, ormai deceduto, ha rivestito: «numerosi ruoli di rilievo politico ed è stato un vero e proprio punto di riferimento per l’intera comunità». Sicché sussisterebbe anche un «ragionevole interesse dei coniugi a trasmettere ai figli il solo cognome materno», in quanto evocatore del «patrimonio morale e sociale di cui era stato portatore il defunto nonno (…) che aveva improntato la propria esistenza ad alti valori morali».

«Purtroppo – ha aggiunto Brienza – la nostra è una situazione su cui a oggi non è ancora stata prestata la dovuta attenzione, nonostante i diversi disegni di legge in materia all’esame del Parlamento».

Assieme al caso della famiglia lucana martedì prossimo verrà discusso dalla Consulta anche il caso, simile, di una coppia di Bolzano, non coniugata, a cui di fronte all’avvenuto riconoscimento del figlio da parte del padre, avvenuto alla nascita, non è stato consentita l’iscrizione all’anagrafe del solo cognome della madre. Nonostante l’accordo dei due genitori.

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