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Francesco Piro

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POTENZA – Pensavano di intimidire il procuratore capo di Lagonegro, Gianfranco Donadio, accusandolo di gonfiare il numero dei fascicoli trattati dal suo ufficio per scatenargli contro un’ispezione del ministero della Giustizia. Mentre il “piano” per liberarsi di un sostituto del procuratore prevedeva l’invio alla redazione della trasmissione tv Le Iene di una segnalazione anonima con l’audio della proprietaria dell’abitazione dove il magistrato avrebbe dimorato per 4 anni pagando l’affitto in nero.

Erano questi i propositi dell’ormai ex capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Francesco Piro, contro le toghe che nel Tribunale del centro valnocino si frapponevano ai suoi interessi, e lo esponevano alla «pizzicata» degli articoli di giornale sulle sue disavventure giudiziarie.

A registrarli sono state le microspie piazzate all’interno della sua Mercedes dai carabinieri del Nucleo investigativo di Potenza, delegati dalla procura del capoluogo per le indagini sulla “malapolitica lucana”.

A scatenare l’insofferenza di Piro, a settembre del 2020, sarebbero stati gli ultimi risvolti delle indagini sul Parco Giada, l’ex giardino zoologico di Lagonegro, gestito per un periodo da una società di Piro, che è anche la principale incompiuta del centro valnocino, con 6milioni e 800mila euro già spesi per una ristrutturazione eseguita solo al 50%.

Parlando col sodale politico Vito Di Lascio, che è anche fratello della sindaca Maria Di Lascio, poi, l’ex capogruppo avrebbe citato un’altra vicenda giudiziaria molto particolare: vale a dire le denunce incrociate sue e di Antonio Mitidieri, ex amministratore della Basi Grafiche e presidente di un’associazione civica molto critica con la sua parte politica.

A ottobre del 2019, infatti, entrambi si sarebbero presentati ai carabinieri: Piro riferendo di essere stato investito da una Bmw guidata dal secondo, e questi dicendo che era stato il primo a lanciarsi sulla strada e a sferrare un calcio all’autovettura prima di lasciarsi cadere a terra e iniziare a strillare.

A distanza di un anno, quindi, il procuratore Donadio avrebbe deciso di archiviare le accuse a Mitidieri e chiedere il rinvio a giudizio per simulazione di reato di Piro. Di qui il risentimento di quest’ultimo che avrebbe trovato sponda in Di Lascio, d’accordo sul fatto che non si poteva «consentire a questo (Donadio, ndr) di farla liscia, e sull’esigenza di provare a «creare» una situazione di incompatibilità ambientale per costringere il Consiglio superiore della magistratura a trasferire la toga sgradita.

Il mese dopo un altro dialogo sul tema sarebbe stato intercettato tra Piro e il suo amico e avvocato Giuseppe Sabella, a cui l’ex consigliere regionale avrebbe prospettato l’intenzione di chiedere un intervento dell’ex senatore e coordinatore regionale di Forza Italia, Giuseppe Moles, e di un altro esponente di primo piano degli azzurri come Maurizio Gasparri per far scattare un’ispezione del ministero della Giustizia sull’operato dei pm lagonegresi. Come pure di insistere sul ministro della Salute, Roberto Speranza, con cui Piro vantava un rapporto di conoscenza diretto, perché si facesse ambasciatore delle loro rimostranze con un senatore del suo partito, ArticoloUno, come Pietro Grasso, già procuratore nazionale antimafia, che veniva considerato il “protettore” del procuratore Donadio. Il tutto nonostante le resistenze che il parlamentare lucano avrebbe già manifestato in precedenza al riguardo («e… tiene paura Speranza, gliel’ho detto tre volte»).

Sabella è stato registrato mentre dialoga con l’ex capogruppo anche a proposito dell’altro magistrato “sgradito”, e dell’audio della proprietaria dell’abitazione che utilizza quando viene a Lagonegro, a proposito l’affitto pagato in nero. «Questa rompe il cazzo e cose. Manco è giusto, voglio dire, che sta a Lagonegro e devono fare i puritani. Cioè se la finanza viene da me e mi trova un contratto (…) mi denuncia».

Su quest’ultima vicenda, però, l’amico-avvocato avrebbe smorzato l’entusiasmo di Piro, che pregustava la vendetta sul pm colpevole del suo rinvio a giudizi per reati finanziari. E si sarebbe anche smarcato dall’incarico di predisporre una nota anonima da spedire a Le Iene, spiegando all’ex consigliere regionale che, al netto della «figura di merda», il magistrato sarebbe rimasto quasi certamente indenne da conseguenze di altro tipo.

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