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Il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi

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POTENZA – Tornerà in aula giovedì il Piano strategico regionale. Si è conclusa così, a sorpresa, la seduta straordinaria del Consiglio regionale convocata ieri pomeriggio per l’approvazione del provvedimento su cui il governatore Vito Bardi è già arrivato a minacciare l’azzeramento della giunta regionale.  A propiziare il rinvio della discussione è stato il repentino cambio di linea deciso dalla Lega, in una lunga discussione interna che ha ritardato l’inizio della seduta di un paio di ore.

L’annuncio della decisione di non votare il Piano è arrivato dal capogruppo del Carroccio, Gianuario Aliandro Subito, non appena i membri del parlamentino lucano hanno preso posto tra i banchi dell’aula Dinardo. Aliandro ha fatto riferimento, quanto ai motivi della rottura, allo sgarbo sofferto per la convocazione di una seduta straordinaria del Consiglio senza consultare il partito di maggioranza relativa dell’assemblea, che è sempre la Lega.

A evocare gli altri motivi di tensione col governatore, però, ci hanno pensato dai banchi della minoranza, ricordando il “caso” Acquedotto lucano, e quello del Consorzio di bonifica. Con le aspettative sulla nomina del nuovo direttore generale della società che gestisce il servizio idrico integrato in regione,  per cui l’ala del Carroccio più vicina al senatore Pasquale Pepe vedrebbe bene un suo fedelissimo come Nino Altomonte, già commissario dell’Ente irrigazione Puglia Lucania e Irpinia. Come pure l’ostilità di un’altra ala del partito, quella più vicina al vicesegretario regionale Massimo Zullino e all’assessore alle Infrastrutture Donatella Merra, nei confronti dell’amministratore del Consorzio regionale di bonifica,  Giuseppe Musacchio. Che poi sarebbe l’ultimo dirigente di vertice di un ente regionale nominato dalla vecchia amministrazione regionale di centrosinistra ma ancora in carica.  

Lunedì sera la mediazione raggiunta all’interno del Carroccio prevedeva proprio il voto per il Piano strategico, tanto caro al governatore, e l’immediata convocazione di una ulteriore seduta straordinaria del Consiglio per approvare il commissariamento del Consorzio. Nel giro di meno di 24 ore, però, quello schema è stato abbandonato e si è optato per guadagnare 48 ore di tempo. L’appuntamento decisivo, quindi, è stato rinviato a giovedì. Poi bisognerà capire, sempre in caso di mancata approvazione del Piano, se il governatore vorrà andare fino in fondo o meno, con la minaccia di un azzeramento della giunta regionale, che provocherebbe sconquassi all’interno dei partiti di maggioranza. A cominciare proprio dal Carroccio.

«Si tratta di un documento di visione decennale – ha dichiarato il Bardi illustrando il provvedimento – che ha uno sguardo di medio e lungo periodo, volto ad assicurare la strategia per lo sviluppo economico e sociale della nostra comunità, e a tutelare, salvaguardare e valorizzare le ingenti risorse naturali e paesaggistiche, storiche e culturali del territorio».

Durante il dibattito, contro le modalità di convocazione della seduta straordinaria si erano schierati, oltre al leghista Aliandro, i consiglieri della minoranza Roberto Cifarelli (Pd), Luca Braia (Iv) e Mario Polese (Iv), denunciando «la mancata osservazione di quanto deciso durante la conferenza dei capigruppo», per cui si sarebbe dovvuto anticipare la seduta prevista per il 25 gennaio. Senza compiere ulteriori forzature procedurali.

A supporto della legittimità della convocazione della seduta, invece, sono arrivati diversi interventi dalla maggioranza. I consiglieri Vincenzo Acito (Fi), Tommaso Coviello (FdI) e e Piergiorgio Quarto (FdI) hanno evidenziato, in particolare, l’obbligo statutario che prevede l’approvazione del Piano strategico regionale entro 30 giorni dalla delibera di giunta, che in questo caso è avvenuta il 28 dicembre. «Da qui la necessità – hanno aggiunto – di anticipare la seduta,  considerato che la data del  28 gennaio vedrà i presidenti Bardi e Cicala e il consigliere Cifarelli impegnati nelle votazioni del nuovo capo dello Stato».

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