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POTENZA – Sarebbero stati sorpresi a smontare gli stemmi di un’utilitaria parcheggiata per le vie del paese, e la maniglia del portellone posteriore. Vedendosi scoperti, però, non hanno desistito, ma dopo essersi allontanati hanno deciso di tornare sul posto per prendere a pugni e calci il testimone della loro scorribanda.
E’ quanto accaduto all’inizio di settembre ad Atella, per cui ieri mattina è finito in carcere il ventenne Salvatore Francesco Tozzoli, mentre il trentenne Andrea Pellettieri, e il quarantenne Gerardo Giuseppe Tozzoli, padre di Salvatore, sono finiti agli arresti domiciliari.


A disporre le misure cautelari nei confronti dei tre, tutti residenti ad Atella, è stato il gip di Potenza, accogliendo la richiesta avanzata dalla procura al termine delle indagini condotte dai militari della locale stazione dei carabinieri, al comando del capitano Carmine Manzi, della compagnia di melfi.
In una nota diffusa dal procuratore di Potenza, Francesco Curcio, si evidenzia che le accuse contestate ai tre, «in concorso tra loro», sono «di rapina e lesioni personali (…) ai danni di due concittadini».
«Le indagini – spiega ancora il procuratore – , venivano avviate a seguito di richiesta di aiuto pervenuta sul numero unico di emergenza 112 la notte del 03 settembre 2021, cui seguiva l’immediato intervento del personale dell’Arma».
Dalle verifiche successive, in particolare, sarebbe emerso che gli indagati, «che avevano asportato da un’utilitaria parcheggiata sulla pubblica via, venivano notati da un testimone che successivamente notiziava dell’accaduto il proprietario del veicolo».


«Tale atteggiamento – prosegue Curcio – contrariava fortemente gli indagati, che i quali ritornati sul luogo del delitto, spalleggiati dal padre di uno di questi, minacciavano di morte ed aggredivano fisicamente, con calci e pugni, il predetto testimone oculare, procurandogli lesioni in varie parti del corpo, giudicate guaribili in giorni dieci».
«Nel corso dell’aggressione, chiaramente finalizzata a conseguire l’impunità per il commesso reato – conclude il procuratore -, asportavano anche il telefono cellulare del malcapitato, allorquando lo stesso, a seguito dei violenti colpi infetti, rovinava al suolo».

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