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Il Palazzo di giustizia di Potenza

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Asse della droga Puglia Basilicata, 4 arresti tra cui Rocco Solimena, boss dello spaccio. Consegnavano anche a domicilio a Palazzo San Gervasio


POTENZA – Avrebbero acquistato hashish e marijuana a Cerignola per rifornire «una nutrita platea di acquirenti localizzati prevalentemente nel territorio palazzese e nei comuni limitrofi». In parte su appuntamento, nei «luoghi di aggregazione» di Palazzo San Gervasio. In parte con consegne «a domicilio», tra Venosa, Banzi e Genzano di Lucania.
E’ questa l’accusa per cui ieri mattina sono finiti in carcere: il 64enne, pregiudicato, Rocco Solimena; il 23enne Roberto Di Pierro; e il 24enne Donato Teora. Tutti e tre di Palazzo San Gervasio. Mentre al 22enne Antonio Lorusso sono stati concessi gli arresti domiciliari.

L’OPERAZIONE DELLE FIAMME GIALLE CHE HA PORTATO AGLI ARRESTI PER SPACCIO DI DROGA TRA PUGLIA E BASILICATA

In una nota diffusa ieri mattina dal procuratore aggiunto di Potenza, Maurizio Cardea, si spiega che a eseguire l’ordinanza di misure cautelari sono state le Fiamme gialle del Comando provinciale di Potenza, con il supporto di unità cinofile della Guardia di Finanza di Matera. Mentre le indagini sono state condotte dai militari del Goa del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Potenza, con il supporto dello Scico, il Servizio centrale investigazione criminalità organizzata della Finanza di Roma, con intercettazioni telefoniche e ambientali, e servizi di appostamento e pedinamento «eseguiti anche nella vicina provincia foggiana».

IL RUOLO DI SOLIMENA

L’operazione, denominata “Frontetusio”, ha fatto emergere come Solimena «riuscisse ad assicurare il trasporto dello stupefacente fino a Palazzo San Gervasio, servendosi anche della “copertura” di alcuni componenti del proprio nucleo familiare, adottando particolari accortezze lungo il tragitto di ritorno, con la chiara finalità di eludere eventuali controlli di polizia».
«Per le plurime cessioni censite e documentate nel centro abitato di Palazzo San Gervasio – spiega ancora la nota del procuratore Cardea -, l’organizzazione si serviva in molteplici occasioni di un appartamento, definito con il nome codice “club”, ubicato nel centro storico del paese, il quale non solo veniva utilizzato quale luogo di stoccaggio e deposito dello stupefacente, ma all’interno del quale, talvolta, gli acquirenti venivano ospitati per dar luogo alle illecite transazioni».

I CONTATTI TRA SPACCIATORI E CLIENTI

Il procuratore aggiunto ha evidenziato la «giovane età» di Di Pierro, Teora e Lorusso, che però vanterebbero già «un’esperienza di notevole spessore criminale».
Quanto ai contatti tra spacciatori e clienti, è stato verificato l’utilizzo «di utenze “citofoniche”, riconducibili anche a gestori telefonici stranieri, dedicate esclusivamente a specifici contatti tra selezionati interlocutori». Come pure di «messaggistica istantanea, tramite “app” adoperate sui dispositivi cellulari».
«Nel corso delle indagini – conclude la nota del procuratore Cardea – è emerso che gli indagati in una circostanza non si facevano scrupoli a forzare, con lucida spregiudicatezza, un posto di controllo finalizzato a sottoporre a controllo di polizia l’autovettura degli indagati di ritorno da un’ennesima trasferta in terra pugliese dove si erano appena approvvigionati di sostanza stupefacente».

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