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Il presidente della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti e gli illeciti ambientali ha definito «ottimo il lavoro svolto dalla Procura della Repubblica, che ha dialogato con l’Eni per risolvere le criticità sulle quali si erano appuntate le riserve dei consulenti dei pubblici ministeri»

POTENZA – La situazione del centro oli di Viggiano dell’Eni – capace di trattare circa 75mila barili al giorno di petrolio – è oggi «più confortante» di quella che la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti e gli illeciti ambientali trovò tre mesi fa, quando l’impianto era bloccato per i sequestri decisi nell’ambito dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata. Lo ha detto ai giornalisti il presidente della Commissione, Alessandro Bratti (Pd), che ha definito «ottimo il lavoro svolto dalla Procura della Repubblica che – ha aggiunto – ha dialogato con l’Eni per risolvere le criticità sulle quali si erano appuntate le riserve dei consulenti dei pubblici ministeri».

Nel centro oli la compagnia petrolifera ha eseguito lavori per circa nove milioni di euro per adeguare alcuni impianti di trattamento delle acque che vengono in superficie con l’estrazione del greggio alle indicazioni della Procura: lo stop al centro oli (che ha ripreso gradualmente l’attività da alcune settimane) è costato all’Eni – sempre secondo quanto reso noto da Bratti – una perdita di fatturato pari a circa 400 milioni di euro. La Commissione parlamentare ha constatato che «passi avanti” sono stati fatti anche nei controlli che la Regione Basilicata, attraverso l’Arpab, potrà fare a Viggiano: «Tre mesi fa – ha spiegato Bratti – trovammo l’Arpab in uno stato di debolezza inaudita. Oggi la Regione ha fatto investimenti, ha avviato collaborazioni con importanti agenzie del Paese e la situazione dei controlli è migliorata: siamo di fronte ad un importante cambio di passo. La Commissione farà presente al Governo la necessità che l’Arpab ha di fare assunzioni a tempo indeterminato, proprio per rafforzare il suo ruolo e garantire tranquillità alle popolazioni della Val d’Agri». 

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