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Il consigliere Romaniello (Gruppo misto) chiede «quali sono le misure che la Regione intende mettere in atto per garantire alle donne lucane l’esercizio del diritto alla interruzione volontaria di gravidanza»

POTENZA – «Se venisse confermata la responsabilità del medico obiettore nella morte della giovane donna di Catania sarebbe un fatto gravissimo. La magistratura catanese sta indagando sui 12 medici presenti in sala parto al momento del decesso e, ovviamente, prima di esprimerci sul caso specifico è necessario attendere gli esiti delle indagini». Così il consigliere regionale del Gm Giannino Romaniello che aggiunge “tuttavia, al di là di ciò, è necessario denunciare, ancora una volta, la gravità della situazione negli ospedali italiani in relazione alle percentuali insostenibili di obiettori di coscienza, che sempre di più mettono a rischio la concreta applicazione della legge sulla interruzione volontaria di gravidanza. La media nazionale dei medici obiettori di coscienza in relazione all’interruzione volontaria di gravidanza prevista dalla legge194/78 è pari a circa l’80 per cento, dato che rende di fatto difficile, ed in alcune regioni quasi impossibile, il diritto all’interruzione di gravidanza nelle strutture pubbliche, dove deve essere libero e gratuito. Come in tanti altri ospedali italiani, infatti, nel reparto di ginecologia dell’ospedale di Catania, tutti i ginecologi sono ‘obiettori di coscienza’”.

«La situazione nella nostra regione – continua – non è migliore. Come ho avuto modo di esplicitare in una mia interrogazione all’assessore alla sanità lo scorso luglio, uno dei dati più preoccupanti della classifica degli obiettori di coscienza è detenuto proprio dalla Regione Basilicata che, con una percentuale del 90,2 per cento, è seconda solo al Molise (93,3 per cento), seguite dalla Sicilia (87,6 per cento), dalla  Puglia (86,1 per cento), dalla Campania (81,8 per cento), dal Lazio e Abruzzo (80,7 per cento). I pochi medici che adempiono al loro dovere – dice Romaniello – subiscono uno stress lavorativo notevole e una discriminazione di fatto, dovendo in pochissimi assicurare un fondamentale diritto per le donne, tanto che, lo scorso aprile, nell’accogliere un ricorso presentato dalla Cgil, il Consiglio d’Europa ha affermato che ‘questi sanitari sono vittime di diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti che emergono semplicemente dal fatto che certi medici forniscono servizi di aborto nel rispetto della legge’, svantaggi che portano ad un ulteriore aumento del numero degli ‘obiettori’».

«Dal quadro sopra descritto – aggiunge – emerge con evidenza che il fenomeno dei cosiddetti ‘obiettori di coscienza’ rende di fatto di difficile applicazione l’esercizio di un diritto di civiltà, quale quello della Ivg, garantito dalla legge e che, in particolare nella nostra regione, tale diritto è particolarmente a rischio, considerando le altissime percentuali di ‘obiezione’. Chiedo oggi con ancora più convinzione che l’assessore Franconi ci dia una risposta chiara per comprendere, in particolare quanti sono i medici, in termini assoluti e percentuali per singola struttura ospedaliera regionale, che garantiscono l’applicazione della legge 194 e se, tali numeri, sono sufficienti ad assicurare l’applicazione della legge; quali sono le misure che la Regione intende mettere in atto per garantire alle donne lucane l’esercizio del diritto alla interruzione volontaria di gravidanza, assicurando alle stesse un trattamento umano e non discriminatorio consono ad un paese civile;  se si è presa in considerazione l’opportunità di attivare un sistema organizzativo che preveda eventuali convenzioni con la rete delle strutture pubbliche, in modo da garantire l’applicazione della legge 194».

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