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Il tribunale di Potenza

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Porto d’arma facili a Potenza: 51 prosciolti cadono le accuse ai clienti dell’armeria di Pignola gestita da D’Acunto unico rinviato a giudizio

POTENZA – Chi si rivolgeva all’armeria di Gerardo D’Acunto per il rinnovo del porto d’armi sarebbe stato all’oscuro dei falsi certificati medici utilizzati per ottenere quei rinnovi. È questa la ragione per cui il gup Salvatore Pignata ha prosciolto dall’accusa di falso 51 persone residenti tra Potenza, Brindisi di Montagna, Picerno, Vaglio, Savoia di Lucania, Vietri, Cancellara, Pignola, Avigliano, Pietragalla, Tito, Abriola, Anzi, Bella, Calvello, e Tolve.

A chiedere il non luogo a procedere nei loro confronti, poco prima, era stata la stessa pubblica accusa facendo dietrofront rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio formulata a gennaio del 2021.

Dei 68 cacciatori finiti inizialmente sotto inchiesta, infatti, un gruppo consistente aveva chiesto di essere sentito dal pm titolare dell’inchiesta, dopo l’avviso di conclusione delle indagini. Dopo lo stralcio delle rispettive posizioni dal fascicolo principale, quindi, ognuno di loro, aveva rappresentato al magistrato di essersi affidato «al D’Acunto Gerardo, titolare di armeria, per il rinnovo del passaporto (sic, ndr) ma di ignorare assolutamente i falsi da lui commessi per il disbrigo delle relative pratiche».

Dichiarazioni che il pm Valeria Farina Valaori aveva giudicato coerenti e sovrapponibili, constatando anche l’assenza di «alcun elemento che possa far dubitare della tesi esposta». Di qui la richiesta di archiviazione subito concessa dal gip, e poi transitata nel processo a carico dei restanti 51 cacciatori, sollecitando una uguale rivisitazione delle posizioni di quest’ultimi, a loro volta del tutto sovrapponibili a quelle già definite.

Il gup Pignata ha disposto il rinvio a giudizio, invece, per il 42enne D’Acunto che dovrà difendersi in dibattimento da una settantina di capi d’imputazione per falso materiale.

PORTO D’ARMA FACILE A POTENZA, LA GENESI DELL’INCHIESTA

L’inchiesta degli agenti della divisione della polizia amministrativa della Questura di Potenza, era partita ad aprile del 2019 da una verifica di routine su una richiesta di rilascio di porto di fucile a cui era allegato un certificato prestampato «apparentemente rilasciato» da un medico in servizio nell’infermeria del carcere del capoluogo lucano.

A destare il sospetto degli investigatori era stata in particolare la professione dichiarata dal richiedente. Poiché non si capiva in che modo un semplice «operaio» potesse chiedere e ottenere un certificato dall’infermeria del carcere come un dipendente del ministero di Giustizia. Di qui le prime verifiche e la convocazione del medico in servizio nell’infermeria, che ha disconosciuto la firma su una trentina di certificati.

Gli investigatori non avrebbero impiegato molto tempo per risalire a D’Acunto. Questi era in possesso di «numerose copie in bianco di certificati medici identici a quelli contraffatti».

Nel prosieguo delle indagini gli inquirenti hanno individuato anche altre pratiche sospette. In queste la certificazione di «idoneità psico-fisica» del richiedente risultava sottoscritta da un tenente colonnello medico dell’Esercito in servizio al “Servizio sanitario – Reggimento Cavalleggeri guide di Salerno”. Inoltre, le autorità hanno disposto la revoca dei porti d’arma rilasciati ai cacciatori sotto inchiesta, che in qualche caso si sono dovuti rivolgere al Tar per ottenerne la restituzione. Il tutto senza attendere la definizione della accuse nei loro confronti, arrivata soltanto ieri mattina 28 febbraio 2023.

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