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POTENZA – Questa è la storia di diritti riconosciuti che vanno a scontrarsi con una burocrazia che crea disservizi. Circostanza acuita se l’utente è persona con disabilità totale. Peggio ancora se la questione che ci viene denunciata vede protagonista l’Inps che al servizio del cittadino dovrebbe essere ente preposto.

La campagna pubblicitaria “vicini anche da lontano”, a giudicare dal racconto che ci viene fatto, risulta beffarda per una famiglia di Potenza che tiene però a sottolineare: “Non si tratta di una richiesta di soldi o di una prestazione che vorremo avere senza averne diritto”, quanto piuttosto “sul mettere in evidenza una situazione surreale e inspiegabile, per migliorare un servizio”.

I fatti: “Home Care Premium” è un progetto elaborato dall’Inps il cui scopo è quello di supportare economicamente (e non solo) alcune “categorie fragili” con assistenza domiciliare o integrativa. In pratica, sulla base del reddito familiare viene accordata una somma che la famiglia può spendere a favore dell’assistenza del proprio congiunto, cifra che varia come importo e in relazione ai servizi che si richiedono e che vengono gestiti, di riflesso, dagli uffici comunali per i servizi sociali. Ebbene: la disabile (cieca totale con sindrome di down, invalidità al 100%) è stata ammessa al bando, di durata biennale, già nel 2017, e le fu assegnata una cifra mensile spesa per intero (e documentata) per attività di assistenza non domiciliare, per una scelta precisa della famiglia. Attorno alla disabile hanno ruotato vari assistenti, che hanno ovviamente gudagnato per il lavoro prestato.

Alla scadenza del primo biennio, la famiglia ha ripresentato domanda che è stata nuovamente accettata, sia pure con una cifra lievemente inferiore a quella del biennio precedente. La disabile risulta vincitrice del bando, con il piano di assistenza (concordato con il Comune come nel primo bando) approvato, ma l’attività non può iniziare per l’amara sorpresa: la cifra assegnata per i servizi era pari a zero euro.

Ossia: utente vincitrice del bando, piano approvato, per un importo di nessun euro. “Era il mese di marzo del 2019, quando è iniziata la nostra odissea attraverso uffici, call center, patronati, mail. Senza ottenere la benchè minima risposta”, ci raccontano. Perchè ovviamente gli utenti interessati hanno iniziato a verificare attraverso gli uffici preposti il perchè di questo blocco. Su sollecitazione “abbiamo anche ripresentato la domanda correggendo quello che qualche dirigente ci aveva provato a suggerire, quasi per liquidarci per l’impiccio. Tutto regolarmente protocollato e tutto regolarmente comunicato alla direzione regionale e alla direzione nazionale dell’Inps”. Ma c’è di più: perchè “dall’ufficio provinciale, dopo attese infinite, ci hanno dirottato alla Direzione regionale.

Ed ancora, andati a vuoto i tentativi di cercare una spiegazione attraverso comunicazioni interne, ci hanno costretto a metterci in contatto con il centralino nazionale. Una decina di telefonate e un continuo rimbalzo di responsabilità, fino all’invito a mandare una mail circostanziata all’indirizzo istituzionale di un responsabile, come indicatoci dall’operatore telefonico del loro call center”. Morale della favola: due mail ufficiali, l’ultima ad agosto del 2019, un sollecito e nessuna risposta. Il tutto, ben si sottolinei, prima dell’emergenza del Coronavirus che ha bloccato l’Italia.

Riprese le attività, ormai trascorso più di un anno da questo blocco senza aver ricevuto spiegazione, la famiglia è tornata alla carica, quasi per una questione di principio, interpellando nuovamente i servizi sociali del Comune, ma soprattutto l’Inps. Una sola risposta, ovviamente, per via amichevole e non ufficiale: “Ormai quella prestazione è scaduta, fate un’altra domanda visto che il bando è sempre aperto”.

Tutto ovviamente per via telematica, con le ovvie difficoltà del caso, senza avere il rapporto con un interlocutore che indicasse con certezza la via da seguire. “Poco professionale, ma può starci in questa Italia”, dicono. La beffa è, però, dietro l’angolo: non è consentito presentare una nuova domanda per l’assistenza domiciliare perchè ne risulta già attiva un’altra. Proprio così, quella del 2019 che vede l’utente vincitrice e beneficiaria. Incredibile: quella a zero euro che non consente di programmare alcuna attività.

“Verrebbe da ridere. Altro che servizio al cittadino. Per fortuna per la nostra assistita si sarebbe trattato di una prestazione in più rispetto a quelle che già quotidianamente le sono fornite. Ma è veramente un paradosso e un disservizio di non poco conto. Ci siamo immedesimati in quelle famiglie che non hanno le stesse possibilità e oltre ad avere il problema della gestione del disabile, non hanno grandi possibilità economiche per permettersi prestazioni di assistenza supplementare, o anche la forza di protestare per vedersi riconosciuti un diritto. E l’Inps cosa fa?”. Nel frattempo, per la gioia degli utenti, da oggi riaprono gli sportelli Inps: magra consolazione, ma c’è la possibilità di ricominciare la giostra. Sarebbe opportuno che l’Inps desse le giuste risposte.

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