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In questo stesso blog due mesi fa (https://www.ilquotidianodellacalabria.it/blog/354489/Open-Data–una-ricchezza-a.html) cercavamo di spiegare l’importanza degli open data (dati aperti, cioè pubblici) per la nostra vita e per migliorare i servizi ai cittadini. Per non lasciar cadere quel discorso, vi raccontiamo brevemente di una donna che ha saputo far diventare “open” dati molto importanti per tutta l’umanità mentre qualcuno voleva costringerla a metterli a disposizione di pochi eletti.

Lei si chiama Ilaria Capua (47 anni) è veterinaria e virologa e dirige il Dipartimento di Scienze Biomediche Comparate dell’IZSVe, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. Nel 2008 la rivista americana Seed l’ha messa tra le cinque «revolutionary minds» dell’anno. In poche parole, una scienziata italiana di grande valore che ha alto il senso del suo lavoro pagato con soldi pubblici. Se volete saperne di più leggete il suo libro “I virus non aspettano”. Noi qui raccontiamo di Ilaria Capua perché il suo team di ricerca ha isolato per primo il virus H5N1 in Nigeria e ne ha analizzato la sequenza genetica. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) lei avrebbe dovuto depositare la sequenza in una banca dati accessibile soltanto a 15 laboratori. Lei ha invece ha deciso di metterla su Gen Bank, una banca dati aperta a tutti i ricercatori del mondo. La sua scelta le ha attirato molte critiche di chi voleva tenere per se lo studio di quel virus, ma alla fine lei ha vinto e la sua scelta ha indicato una strada seguita da molti.  Sono cambiate le politiche internazionali sugli studi genetici ed è stata creata una infrastruttura per gestire queste informazioni. Dopo il suo gesto la ricerca in questo settore è più aperta e più veloce.

Ilaria Capua è ormai molto nota nel mondo della ricerca, ma ha ancora tante difficoltà a lavorare in Italia. La sua nazione sembra non sia capace di dare al suo gruppo le risorse necessarie per le sue attività, mentre all’estero le costruirebbero i classici “ponti d’oro”. Il suo esempio ha cambiato la prassi e le prospettive nel suo settore e non solo in quello. Grazie al suo coraggio e ai dati aperti, ha mostrato una via per la condivisione della conoscenza nell’era di Internet.

Chissà quanti dati che potrebbero essere utili sono nascosti nei database della pubblica amministrazione e dei centri di ricerca. Speriamo che l’esempio della Dott.ssa Capua possa servire di esempio anche alle autorità pubbliche e politiche per spingere l’Italia verso i dati pubblici aperti a tutti.

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