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E soprattutto cerca di essere l’eroina della tua vita, non la vittima (Nora Ephron)
Il Calendario della Cornacchia (in attesa dell’Avvento) giorno 11
Insomma si doveva sposare. Toccava a lei, era il suo turno. Il bianco vestito, i fiori, la navata attaccata al braccio del padre. Erano fidanzati da tanti di quegli anni. Condividevano stancamente tante di quelle cose. I cani, soprattutto. Lei lavorava da un notaio, assistente, il ruolo. Una buona segretaria, ma assistente faceva più fico.  Lui studiava e dava una mano ai suoi, amministratori di condominio. Lei usciva di casa alle otto del mattino e rientrava alle otto di sera. I fine settimana erano dedicati ai cani, adorati, loro sì. Il suo cane, figlio della di lei cagna, faceva gare di lavoro. Una cosa complessa che non val la pena spiegare. Comunque bisognava allenarsi. Si era tagliata anche i capelli, passare tutti i sabati sul campo di lavoro, alla periferia della città con l’unica costante dell’umido, non lasciava molto tempo per il parrucchiere. Per anni la sua divisa del fine settimana erano stati: pantaloni combat di Mas, il vecchio Barbour rattoppato e stivali di gomma. Una vita prima che diventassero trendy. La domenica c’erano i pranzi sociali e lei era entusiasta di preparare insalate e pastoni per un coacervo di cafoni, ops, appassionati che frequentavano quell’ameno luogo. Si era sempre lì, che facesse caldo o freddo. Piovesse o il sole picchiasse a far male. O in giro, per l’Italia o l’Europa. L’unica nota positiva, se non fosse che anche lì, si vedevano solo campi di lavoro che per forza di cosa sorgevano alle periferie dei centri abitati. Di due volte in Germania ricordava solo il fango, gli alberi fitti. Sì, la birra e i wurstel, vabbè. 
Arrivò un Natale. Si presentò a casa di lei con un grande pacco, scarta, scarta la magica scatolina rossa. Dentro il fatidico solitario. A lei piacevano gli anelli grossi e pacchiani, non ne aveva mai fatto mistero. Non era una sentimentale. Il brillocco non era neanche tanto piccolo, siamo onesti. Ma sembrava sparirle sulla mano. Finse di adorarlo. Tanto all’epoca fingeva tante di quelle cosa che una più una meno. Una delle nonne vedendola disse: “Bello, ma l’anello dov’è?”. E lei si sentì meno sola. Sempre stronza, ma meno sola. Passarono i mesi, il giorno si avvicinava, una delle cose che più preoccupava lui era come far entrare il cane nel tutto. Propose persino di fargli portare le fedi, lei sorrise. Con compassione. Il vestito c’era, una cosetta tutta raso e fiori. Il posto era stato scelto, gli inviti partiti. I testimoni scelti. Un tarlo le rodeva in testa. Qualcosa non tornava. Rimuginava, pensava. Metteva insieme piccole cose. Ricomponeva pezzi. Alla fine, e mai parola fu più azzeccata, il cerchio si chiuse. Corna. 
Care, vecchie, classiche corna. Con la migliore delle amiche, come tradizione vuole. Il matrimonio saltò. E fu costoso. 
Pianse molto, pianse per mesi. Dimagrì di botto di dieci chili. 
A nessuno confessò mai, neanche a se stessa, di aver pianto di gioia. Ci vuole del tempo per prendere coscienza di essersi tolta un peso dalle spalle. Smettere di fingere è faticoso tanto quanto farlo. Il ruolo della tradita, poi,  è perfetto. Tutto ti è concesso. 
Anche dire alla mancata suocera che l’anellino era stato spedito giù nel cesso e che se voleva poteva farsi una passeggiate giù nelle fogne per ritrovarlo. Mai corna furono più azzeccate e liberatorie. Che se lo godesse l’altra, il clone, quel fancazzista laziale, ipocondriaco, senza alcun interesse e pieno di fisime, tutto un “questo nonna lo cucina meglio”. 
Lei, era libera. 
Affari di cuore di Nora Ephron il libro. Più del film pure perfetto. Rachel Samstat è una donna brillante, di successo, che scrive libri di cucina, sposata con un giornalista di Washington in carriera, Mark, e con un figlio piccolo. Fino a poco fa aveva pensato dì condurre una vita felice, ha però appena scoperto che il marito intrattiene una relazione con la sua insospettabile amica Thelma Rice. Un libro su una vendetta. Calda, morbida e avvolgente. Come un purè. 
Il savarin la ricetta, non un savarin qualunque, ma il savarin di Julia Child. Se non sapete chi è, in un prossimo post ve lo racconto. La ricetta è un po’ lunga, ma è quella originale della Child e la trovate qui
ps mia zia Ezia fa dei babà strepitosi 

E soprattutto cerca di essere l’eroina della tua vita, non la vittima (Nora Ephron)

Il Calendario della Cornacchia (in attesa dell’Avvento) giorno 11

Insomma si doveva sposare. Toccava a lei, era il suo turno. Il bianco vestito, i fiori, la navata attaccata al braccio del padre. Erano fidanzati da tanti di quegli anni. Condividevano stancamente tante di quelle cose. I cani, soprattutto.
Lei lavorava da un notaio, assistente, il ruolo. Una buona segretaria, ma assistente faceva più fico.  Lui studiava e dava una mano ai suoi, amministratori di condominio.
 Lei usciva di casa alle otto del mattino e rientrava alle otto di sera. I fine settimana erano dedicati ai cani, adorati, loro sì.
Il suo cane, figlio della di lei cagna, faceva gare di lavoro. Una cosa complessa che non val la pena spiegare. Comunque bisognava allenarsi.
 Si era tagliata anche i capelli, passare tutti i sabati sul campo di lavoro, alla periferia della città con l’unica costante dell’umido, non lasciava molto tempo per il parrucchiere. Per anni la sua divisa del fine settimana erano stati: pantaloni combat di Mas, il vecchio Barbour rattoppato e stivali di gomma. Una vita prima che diventassero trendy. La domenica c’erano i pranzi sociali e lei era entusiasta di preparare insalate e pastoni per un coacervo di cafoni, ops, appassionati che frequentavano quell’ameno luogo. Si era sempre lì, che facesse caldo o freddo. Piovesse o il sole picchiasse a far male. O in giro, per l’Italia o l’Europa. L’unica nota positiva, se non fosse che anche lì, si vedevano solo campi di lavoro che per forza di cosa sorgevano alle periferie dei centri abitati.
Di due volte in Germania ricordava solo il fango, gli alberi fitti. Sì, la birra e i wurstel, vabbè. 

Arrivò un Natale. Si presentò a casa di lei con un grande pacco, scarta, scarta la magica scatolina rossa. Dentro il fatidico solitario.
A lei piacevano gli anelli grossi e pacchiani, non ne aveva mai fatto mistero. Non era una sentimentale. Il brillocco non era neanche tanto piccolo, siamo onesti. Ma sembrava sparirle sulla mano. Finse di adorarlo. Tanto all’epoca fingeva tante di quelle cosa che una più una meno.
Una delle nonne vedendola disse: “Bello, ma l’anello dov’è?“. E lei si sentì meno sola. Sempre stronza, ma meno sola. 

Passarono i mesi, il giorno si avvicinava, una delle cose che più preoccupava lui era come far entrare il cane nel tutto. Propose persino di fargli portare le fedi, lei sorrise. Con compassione. Il vestito c’era, una cosetta tutta raso e fiori. Il posto era stato scelto, gli inviti partiti. I testimoni scelti. 

Un tarlo le rodeva in testa. Qualcosa non tornava. Rimuginava, pensava. Metteva insieme piccole cose. Ricomponeva pezzi. Alla fine, e mai parola fu più azzeccata, il cerchio si chiuse. Corna. Care, vecchie, classiche corna. Con la migliore delle amiche, come tradizione vuole. Il matrimonio saltò. E fu costoso. 

Pianse molto, pianse per mesi. Dimagrì di botto di dieci chili. A nessuno confessò mai, neanche a se stessa, di aver pianto di gioia. Ci vuole del tempo per prendere coscienza di essersi tolta un peso dalle spalle. Smettere di fingere è faticoso tanto quanto farlo. Il ruolo della tradita, poi,  è perfetto. Tutto ti è concesso. Anche dire alla mancata suocera che l’anellino era stato spedito giù nel cesso e che se voleva poteva farsi una passeggiate giù nelle fogne per ritrovarlo.

 Mai corna furono più azzeccate e liberatorie. Che se lo godesse l’altra, il clone, quel fancazzista laziale, ipocondriaco, senza alcun interesse e pieno di fisime, tutto un “questo nonna lo cucina meglio“. Lei, era libera.

 Affari di cuore di Nora Ephron  il libro. Più del film pure perfetto. Feltrinelli l’editore.

 Rachel Samstat è una donna brillante, di successo, che scrive libri di cucina, sposata con un giornalista di Washington in carriera, Mark, e con un figlio piccolo. Fino a poco fa aveva pensato dì condurre una vita felice, ha però appena scoperto che il marito intrattiene una relazione con la sua insospettabile amica Thelma Rice. Un libro su una vendetta. Calda, morbida e avvolgente. Come un purè.

 Il savarin, la ricetta, non un savarin qualunque, ma il savarin di Julia Child. Se non sapete chi è, in un prossimo post ve lo racconto.
La ricetta è un po’ lunga, ma è quella originale della Child e la trovate qui

ps mia zia Ezia fa dei babà strepitosi 

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