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C’era una volta il portiere… Potremmo iniziare così, ma questa non è una favola…

C’è stato un tempo, però, in cui la porta delle squadre dilettantistiche era difesa da fior di portieri. Numeri uno di grande spessore, di quelli che per davvero riempivano la porta e che, con le loro parate, sapevano entusiasmare. Basta andare con la mente alla fine degli anni ’90 per ricordarsi, per esempio, di Mirarchi e di Telli, di De Cicco e di Lo Presti, di Filippelli e di Moscato, di Scambia e Martino, Fazzolari e Martelli, Misale e Vazzana, Vadalà e Galati (e sicuramente ne dimentichiamo qualcuno).

C’era l’imbarazzo della scelta, insomma, e spesso la costruzione di una squadra partiva proprio dal numero uno. Nella prima fase dell’introduzione dell’obbligo degli under, il ruolo del portiere non venne intaccato. Si continuava ad affidarsi quasi sempre all’estremo difensore esperto, perché tutti gli allenatori erano consapevoli di quanti punti, alla fine della stagione, avrebbe potuto portare alla squadra la presenza di un portiere di esperienza.

Con il passare degli anni e con l’incremento dei giovani da schierare obbligatoriamente in campo, il ruolo principale che ha risentito di questa regola è stato proprio quello del portiere, alla pari di quello del terzino. Morale della favola: oggi abbiamo pochi, pochissimi portieri esperti e tanti, tantissimi giovani che spesso vengono utilizzati e richiesti durante la fase in cui sono under e poi, spesso, finiscono nelle categorie inferiori.

E così, oggi, qualcuno della “vecchia guardia” resiste, altri hanno smesso e non solo per l’età che avanza.

Fatto sta che di portieri che entusiasmano, di numeri uno che volano e ti fanno quella paratona che resti a bocca aperta, non ce ne sono più. O ce ne sono pochissimi.

Un vero peccato.

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