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Stanno finendo i campionati. Non mancano le polemiche, ma questo è un film già visto.

Con il passare degli anni, però, c’è una cosa che non cambia e che suona come una presa in giro, vale a dire le squalifiche a tempo, comminate dal Giudice sportivo all’ultima gara di campionato o della post season, che hanno un peso diverso a seconda delle categorie.

Se, infatti, i calciatori vengono squalificati per un tot di giornate, che quindi sconteranno l’anno prossimo, certi dirigenti e allenatori subiscono una squalifica a tempo, magari di 15-20 giorni, che in determinati casi è inutile.

Se il campionato, per esempio, finisce il 30 maggio e la squadra in oggetto non deve disputare più partite, che senso ha, infatti, squalificare un allenatore o un dirigente fino al 10, al 20 o al 30 giugno?

Dove la sconta la squalifica? Stando seduto sul divano a casa o passeggiando per i negozi?

Dove sta la natura afflittiva della pena se il campionato è terminato?

Stando così le cose l’ultima giornata diventa una zona franca o quasi. E’ così difficile cambiare? Oppure è più facile dar luogo ad una farsa?

E’ questa una delle tante stranezze del calcio. Eppure basterebbe poco per cambiarla, squalificando a giornate, come avviene per i calciatori.

Che poi sul modo di scontare le squalifiche di dirigenti e allenatori ci sarebbe anche qualcos’altro da dire, visto che spesso tutto avviene all’acqua di rose e si può circolare liberamente nell’antistadio e addirittura negli spogliatoi.

Ma questa cosa della squalifica a tempo, da scontare quando il campionato è finito, è davvero una cosa inutile. Ed anche una presa in giro.

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