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Gli uffici Sacal

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LAMEZIA TERME – «Tutti gli imputati vanno assolti». Questa la richiesta del pm Santo Melidona a conclusione della sua requisitoria al processo “Eumenidi” contro l’ex Cda della Sacal, dirigenti regionali e provinciali, imprenditori. Un processo caratterizzatosi per i molti rinvii (risale a giugno 2019 il rinvio a giudizio per tutti gli imputati) tant’è che a febbraio scorso il dibattimento riprese dopo che nel giro di tre anni si era tenuta una sola udienza.

Dopo la requisitoria del pm, l’udienza è stata poi rinviata al 31 ottobre prossimo quando sarà la volta delle arringhe difensive e al 7 novembre prossimo quando è prevista la sentenza di primo grado di un processo in corso da quatto anni e mezzo. Il processo “Eumenidi” scaturisce dall’inchiesta che azzerò i vertici della Sacal, la società che all’epoca dei fatti gestiva solo l’aeroporto di Lamezia Terme. Per il pm, dunque, gli imputati devono essere assolti: da Massimo Colosimo, ex presidente Sacal, accusato di peculato, in concorso, a Ester Michienzi, responsabile ufficio legale Sacal, alla dipendente Sacal Sabrina Mileto così come per Pierlugi Mancuso, ex direttore generale Sacal.

L’assoluzione è stata chiesta anche per altri ex componenti del Cda Sacal, gli imprenditori Floriano Noto e Emanuele Ionà (accusati di abuso d’ufficio in concorso), l’allora presidente della provincia Enzo Bruno e Giampaolo Bevilacqua. E ancora: nei confronti di Angelina Astorino, direttrice, all’epoca dei fatti, del centro dell’impiego di Lamezia, del maresciallo dei carabinieri Marcello Mendicino (che avrebbe millantato il potere di fornire notizie sulle indagini avviate dalla finanza in cambio dell’assunzione del figlio).

Assoluzione chiesta anche per i pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio legati alla gestione Sacal: il dipendente Enav Vincenzo Bruno Scalzo, il dirigente regionale Giuseppe Mancini, il funzionario della Provincia Floriano Siniscalco, l’allora vice sindaco di San Mango d’Aquino, Pasquale Torquato, l’ex direttore generale della Sacal, Pasquale Clericò, Giuseppe Vincenzo Mancuso, ritenuto anello di congiunzione con la Astorino.

Al centro dell’inchiesta anche il Pon “Garanzia Giovani” per i quali – secondo le accuse – esisteva un presunto sistema clientelare, attraverso il quale gli ex amministratori e dirigenti Sacal avrebbero favorito richieste di politici, amici e parenti, anche grazie al concorso di Angelina Astorino.

Nel mirino dell’inchiesta finirono pure le missioni per trascorrere una serata romantica in lussuosi alberghi di Milano, con tanto di limousine, acquisto di Iphone su Amazon rimborsato dalla Sacal, spese chilometriche non dovute e altri soggiorni in alberghi di lusso nelle circostanze in cui Colosimo e Mancuso si recavano a Milano per frequentare corsi di aggiornamento a spese di Sacal.

Nel corso delle indagini – eseguite dalla Guardia di Finanza di Lamezia e coordinate dalla Procura lametina – inoltre, emersero le interrogazioni di Francesco Ruberto al consiglio provinciale e al consiglio comunale relative alle assunzioni alla Sacal per il progetto “Garanzia giovani”, che sarebbero state “suggerite” da Vincenzino Ruberto, padre di Francesco, dopo che la Sacal prese la gestione dello sportello Iat (informazioni accoglienza turistica) all’aeroporto di Lamezia Terme, che prima era gestito dalla Pro Loco presieduta da Vincenzino Ruberto.

In una intercettazione, il carabiniere Marcello Mendicino (fra gli imputati) riferiva ad Ester Michienzi (responsabile ufficio legale Sacal, anche lei imputata) disse: «vediamo se gli possiamo fare del male con lo Iat».

La precisazione

Egr. Direttore,

leggo con rammarico l’articolo apparso il 21 ottobre su “Il Quotidiano” a firma di Pasqualino Rettura nel quale si riporta la richiesta di assoluzione della Procura della Repubblica di Lamezia Terme per tutti gli imputati del processo c.d. Sacal “perché il fatto non sussiste”.

Nell’articolo, invece di riportare le precise e circostanziate motivazioni per le quali il Pubblico Ministero, all’esito di una articolata e lunga requisitoria, ha richiesto l’assoluzione della sottoscritta insieme a tutti gli altri imputati, con la massima formula assolutoria, vengono riproposte le accuse che nel dibattimento si sono rivelate insussistenti. E’ altresì riportata una conversazione nella quale il Maresciallo Mendicino avrebbe detto alla sottoscritta ”Vediamo se gli possiamo fare del male con lo IAT” mai avvenuta nella realtà né rinvenibile in alcun atto processuale e che genera travisamento dei fatti e dubbi ormai ampiamente superati dalla stessa magistratura inquirente.

L’adempimento corretto e professionale del dovere di informazione, avrebbe dovuto esplicarsi facendo conoscere al lettore il perché, all’esito di un processo durato così a lungo, il Pubblico Ministero fosse giunto alla conclusione che i fatti non sussistono piuttosto che introdurre circostanze non corrispondenti alla realtà. Con la presente pertanto sono a chiedere la rettifica dell’articolo, anche nella testata online, con riferimento alla circostanza sopra descritta e mi auguro vivamente che anche le buone ragioni che hanno indotto il pubblico ministero a richiedere l’assoluzione siano ben messe in evidenza.

Avv. Ester Michienzi

NB. “L’intercettazione a cui l’avv. Ester Michienzi fa riferimento, esiste agli atti. Sul perché il pm è giunto alla richiesta di assoluzione, per ragioni di spazio non è stato possibile sintetizzarle, ma rassicuriamo l’avv. Ester Michienzi che lo faremo ai prossimi articoli visto che sono previste altre udienze, dal momento che siamo ancora alle richieste del pm e non alla sentenza di primo grado”.

Pasqualino Rettura

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